Quale che sia l’effettivo valore delle ricognizioni comparatistiche effettuate dai penalisti ottocenteschi, resta il fatto che la comparazione scompare all’inizio del Novecento, quando in Italia si afferma il tecnicismo giuridico. Prima dell’avvento di questa teoria, come detto, prevaleva la tesi di Cesare Lombroso, che tendeva a utilizzare strumenti di carattere sociale per comprendere e sviluppare il sistema penale. Lombroso e la sua Scuola positiva avvicinarono moltissimo il diritto penale alle scienze empiriche, provocando un certo sbandamento sistematico, dal quale ci si riprese con una forte presa di posizione a favore del tecnicismo giuridico.
 Secondo tale teoria, capeggiata da Arturo Rocca, il giurista deve dedicarsi all’analisi delle norme e deve svolgere la sua attività senza risentire dell’influsso di altre discipline (es. sociologia, medicina): lo scopo della scienza penale, infatti, è solo quello di interpretare esegeticamente le norme positive vigenti, giungendo ad elaborare i vari istituti giuridici. Si ha quindi la massima chiusura del diritto penale, che diviene completamente autoreferenziale (massimo contrasto con la comparazione).