Essi possono esser elementi del fatto in senso stretto (fanno parte del complesso di elementi che sono oggetto del dolo o della colpa) ovvero elementi di fattispecie (sono estranei al fatto e appartengono alla struttura della fattispecie criminosa ossia quel complesso di elementi condizionante l’applicabilità della sanzione, a volte non coincidenti perché ulteriori rispetto a quelli costitutivi del fatto). Si ricordi che ex 27 Costituzione questi elementi non esulano dall’oggetto della componente cosiddetta psicologica del reato. Quello che li differenzia dagli elementi del fatto è che il criterio di imputazione soggettiva che li riguarda non coincide con quello di imputazione del fatto criminoso: dolo se è un delitto, dolo o colpa se è contravvenzione. Per gli elementi di fattispecie il criterio di imputazione è dato dalla pura e semplice rappresentabilità: essa è il limite oltre cui non può parlarsi di responsabilità penale personale. I due tipi sono caratterizzati da un substrato di fatto a cui si applica una qualifica discendente da norme diverse da quelle incriminatrici (di diritto privato, pubblico ecc: ad esempio per intendere l’altruità della cosa nei reati vs patrimonio ci si deve riferire alle norme di diritto privato sul rapporto di proprietà. La regola può essere anche penale, ma essa deve esser diversa da quella che svolge funzione incriminatrice verso l’intero fatto).

Ampiezza da attribuire alla categoria degli elementi normativi. Per Gallo salvo controindicazioni contenute nelle disposizioni che prevedono le relative figure criminose, in linea generale e di metodo, non è contestabile che gli elementi normativi possano rendere necessario il ricorso a norme o sistemi di norme non giuridici. Posto ciò vediamo come si realizzi il comportamento doloso verso gli elementi normativi del fatto (dove questo si intende come complesso degli elementi coincidenti, o esaustivi o non con quelli costitutivi della fattispecie, che devono esser voluti e rappresentati dall’agente. Il fatto criminoso ha qualifiche che impongono un certo significato al substrato naturalistico: ciò ci pone il problema se il soggetto agisca o meno dolosamente. Al quesito può rispondersi sia positivamente che negativamente e chiaramente l’oggetto del dolo risulterà diverso a seconda della risposta. L’esclusione del dolo potrà esserci quando ci sarà un errore di fatto sulla qualifica di un elemento normativo. Ad esempio interpeto male le norme di diritto di proprietà e ritengo che un preliminare abbia tutti gli effetti costitutivi della proprietà. Ora però come si spiegano i dubbi che sorgono allorchè la mancata rappresentazione della qualifica derivi da un errore di interpretazione, o da ignoranza della norma diversa da quella incriminatrice di parte speciale, da questa richiamata?

Spiegazione. Partiamo dal 47 3° per cui l’errore su legge diversa da quella penale esclude la punibilità a titolo di dolo quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. Ci si chiede come sia possibile che colui che erra su una norma (quindi errore di fatto) possa pervenire ad un errore sul comportamento costitutivo dell’elemento materiale del delitto di appropriazione indebita o di furto. Tenendo presente come una norma si innesta su una fattispecie criminosa dovremo concludere che intanto un errore su di essa può determinare un errore sul fatto criminoso perchè la norma in questione concorra a sfigurarlo. L’errore contemplato dal 47 3° è quindi un errore che ha per oggetto immediato la figura legale astratta, la cui descrizione risulta dall’integrazione della norma incriminatrice con altre disposizioni a cui la prima rinvia. Quindi il 47 rappresenta una deroga al 5: l’errore derivante dal 5 può infatti derivare o da ignoranza dell’esistenza di una data norma incriminatrice o più frequentemente da un’errata interpretazione per cui si attribuisce alla disposizione penale una estensione diversa da quella che gli spetta. Ora alla stregua di ciò potrebbe risultare che “l’errore di fatto esclude il dolo, l’errore di diritto è irrilevante”: ciò va scartato perchè la disciplina positiva lo ha scartato: infatti essa trascura di considerare le ipotesi di errore su legge diversa dalla legge penale (le quali sono vere e proprie ipotesi di errore sulla legge penale). Nelle considerazioni che precedono è da trovare la ragione delle prese di posizione giurisprudenziali e dottrinali, quando si rivolgono a limitare, senza apprezzabili risultati, la portata del 47 3°.

Ora dato che si possono fare tante applicazioni di questa norma, se ne vuole circoscrivere l’ambito di applicabilità. Su questa via si impone una distinzione tra le norme extrapenali: cioè vi sarebbero delle norme che anche se diverse da quella penale incriminatrice darebbero luogo con essa ad una unità e quindi non si potrebbe ammettere la rilevanza di un errore su queste norme a pena di violare il principio fondamentale ex art 5. Altre norme extrapenali invece sarebbero si richiamate dalla norma incriminatrice, ma non costituirebbero tutt’uno col precetto penale, mantenendo quindi loro individualità e quindi dovrà ammettersi ex 47 3° la rilevanza di un errore che le concerna. Secondo l’ordine di idee in questione si avrebbero quindi norme extrapenali integranti e norme extrapenali non integranti quella incriminatrice. Questa distinzione è però logicamente impossibile: per Gallo o nessuna delle norme richiamate da quella incriminatrice fa corpo con essa, o tutte se ne devono considerare parte integrante: al massimo si potrà optare per l’una o per l’altra soluzione ma certamente non si potrà distinguere. Per Gallo le cause di questo ordinamento che contrasta risalgono alla preoccupazione delle conseguenze cui porterebbe il riconoscimento che l’errore su una legge extrapenale si traduce subito in un errore sulla fattispecie astratta, prospettandosi il caso delle cosiddette “norme penali in bianco” cioè quelle disposizioni il cui precetto è dato dal contenuto di un’altra norma.

“Reati propri”. Si usano essi per provare che vi sarebbero ipotesi di errore su legge extrapenale che metterebbero in crisi il ricorso al disposto del 47 3° : si sostiene che in ambo i casi ammettere l’applicabilità del 47 3° porterebbe a frustrare gli scopi della stessa norma incriminatrice. Non è difficile non esser d’accordo su ciò. Ci si chiede se l’errore sulla norma richiamata da quella penale in bianco e l’errore sulla qualifica dell’autor del reato rientrino nell’ambito di operatività del 47 3° . Ora per quanto concerne i reati propri è giusto pensare che soggetto e qualifiche che lo distinguono non facciano parte del fatto costitutivo di reato: questo è composto da condotta, dalle note che la qualificano, eventualmente dalle conseguenze giuridiche rilevanti della condotta, dalla mancanza di situazioni scriminanti. Il soggetto attivo e le sue qualifiche stanno a se rappresentando un presupposto del fatto, quindi l’errore che cade sulla qualifica soggettiva non si traduce in un errore sul fatto, perchè l’errore concerne elementi estranei a quest’ultimo.

Discorso sulle norme penali in bianco. Se fin’ora in tutte le ipotesi considerate l’errore incideva su uno degli elementi del fatto, l’errore che riguarda una norma richiamata da una norma penale in bianco abbraccia l’intero fatto di reato, quindi chi ignora la disposizione a cui fa rinvio una norma in bianco, ignora anche l’esistenza di una certa figura di reato.

Precisazione del significato di “legge diversa da quella penale” ex 47 3° . sembrerebbe solo inizialmente esse indicata la norma giuridica extrapenale, che ha perfetta autonomia in un ordinamento distinto da quello penale. Ma abbiamo visto che il rinvio può esser anche a disposizioni penali (esempio: nel delitto di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, per determinare cosa sia reato bisogna riferirsi alla legge penale nel totale. Egli può non denunciare quanto ha appreso ritenendo che il fatto non sia reato perchè non conosce la legge penale: questo sarà un errore sul fatto oggettivo di reato: ciò sembra rientrare nel 47 3°). Per Gallo quindi è possibile il rinvio a legge penale e non è di ostacolo il rilievo che il 47 parla di “legge diversa dalla legge penale”: infatti nulla vieta di intendere questa locuzione non come equivalente a “legge extrapenale” ma come “legge diversa dalla legge penale incriminatrice”. Quanto poi all’ipotesi che l’elemento normativo ripeta la sua qualifica da criteri non giuridici, occorre pensare come, stante la struttura posseduta dagli elementi normativi, sempre la stessa, anche quando la qualifica discenda loro da una norma extragiuridica, tale situazione si presenta sostenuta dalla stessa ratio di quella che fin’ora abbiamo considerato regolata dal 47 3°: cioè dalla situazione caratterizzata dal rinvio ad altra norma giuridica. Ma non può dirsi che la lettera del disposto in questione non ricomprenda anche il rinvio a regola non giuridica:ad esempio regola morale, intendendo quindi “legge” come norma secondo cui si disciplina la condotta degli uomini, anche se non c’è alcun contesto che lo giustifica, ma in questo caso il principio di ragionevole uguaglianza di trattamento porta ad abbandonare la valenza terminologica per una definizione più ampia e estensiva. Ci potrebbe esser un dubbio a proposito dell’efficacia dell’errore contemplato dal 47 3° . Se si confronta la norma citata con quella di cui al primo comma dello stesso articolo, mentre in caso di errore sul fatto costituente reato, qualora l’errore sia determinato da colpa, la punibilità non è esclusa se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo, il disposto che disciplina l’errore su legge diversa dalla legge penale ricalca quello del 1° ma non enuncia la riserva di residua disponibilità a titolo di colpa. E dato che anche l’errore sulla norma che qualifica un elemento di fattispecie può esser dovuto a colpa, ci si chiede se l’autore risponderà o no del fatto in essere, sempre che esso sia contemplato anche nella forma colposa. Di solito la soluzione (quando si vuole cercarla) si ha individuando nell’errore di cui al 47 3° una specificazione dell’errore sul fatto, come tale rientrante sotto la disciplina generale del 1° dell’art in questione. In questo modo si da per scontato che l’errore su legge diversa da quella penale possa accompagnarsi a responsabilità per colpa. Discorso troppo sbrigativo: l’errore ex 47 3° non è errore di fatto, in quanto cade sulla fattispecie astratta solo per l’inesatta qualifica che l’agente dà al comportamento realizzato. Appare allora presente una differenza tra prima e ultima parte del 47 e ciò porterebbe alla conclusione che l’errore sulle componenti normative della fattispecie, precludendo ogni forma di responsabilità, non concerna solo il dolo, bensì tutto l’elemento psicologico del reato.

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