Non può accogliersi la configurazione delle prestazioni previdenziali come parte della retribuzione o come risarcimento del danno sofferto dal lavoratore.

La configurazione della natura retributiva delle prestazioni previdenziali va respinta con riferimento alle prestazioni sanitarie e all’ipotesi in cui esse siano dovute a soggetti protetti che non sono lavoratori subordinati.

Anche se a volte le prestazioni previdenziali si sostituiscono alla retribuzione, ciò non significa che abbiano natura retributiva. Infatti per esempio, l’assegno per il nucleo familiare, per la funzione cui assolve, per il sistema con cui viene erogato, per il modo con cui vengono reperiti i mezzi necessari la sua erogazione, presenta caratteristiche diverse dalla retribuzione, nonostante l’esplicito richiamo alle esigenze della famiglia del lavoratore contenuto nell’art. 36 Cost.

La teoria del salario familiare, al pari di quella del salario previdenziale, si risolve in una considerazione di politica sociale.

Allo stesso modo le prestazioni previdenziali non possono essere qualificate come risarcimento del danno; la loro principale funzione è quella di reintegrare le perdute energie di lavoro.

Anche nel caso delle prestazioni economiche, la loro funzione è unicamente quella di fronteggiare situazioni di bisogno al quale sono a volte proporzionate. Il bisogno eliminato con le prestazioni previdenziali è quello derivante dalla mancanza dei beni essenziali, necessari alla vita del soggetto protetto; mentre il danno che consegue al verificarsi degli eventi può riguardare beni che accedono quelli necessari.

Il bisogno può avere come presupposto un danno, ma ciò non significa necessariamente che le prestazioni previdenziali abbiano una funzione indennitaria.

Infine la mancanza di un nesso di interdipendenza tra pagamento dei contributi e erogazione delle prestazioni previdenziali, vediamo che quest’ultime non possono essere configurate nemmeno come il corrispettivo di quelli; il loro ammontare è proporzionale ai contributi versati. Ciò se mai si spiega o con l’esigenza di garantire l’economicità della gestione, ovvero con la considerazione che quella proporzionalità è riferita a quest’ultimi.

La natura delle prestazioni previdenziali viene in rilievo con esattezza dove si faccia riferimento alla nozione di prestazione amministrative rese ai privati; di una prestazione cioè erogata dallo stato o da un altro ente, in esecuzione dell’obbligo specifico, per la tutela montante dell’interesse del singolo beneficiario quanto dell’interesse pubblico generale.

 

Il diritto alle prestazioni previdenziali

I soggetti protetti sono titolare di un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alle prestazioni previdenziali.

Tale posizione attiva non è concessa dall’ordinamento sono tutela dell’interesse soggetti protetti; l’interesse del singolo è strettamente connesso all’interesse pubblico il cui soddisfacimento si realizza con la soddisfazione del primo.

La protezione in cui si trovano i soggetti che hanno diritto alle prestazioni previdenziali riceve anche una tutela costituzionale.

Deve infatti ritenersi che lo Stato non può far venir meno, neanche con legge ordinaria, il diritto delle prestazioni previdenziali, per cui ove venisse leso l’interesse del singolo a quelle prestazioni, l’ordinamento reagirebbe sia predisponendo una tutela oggettiva, sia attribuendo al singolo il potere di provocare un giudizio incidentale di legittimità costituzionale del provvedimento lesivo del suo interesse.

Tale conclusione non impedisce al legislatore di intervenire con provvedimenti diretti a utilizzare in modo più efficace le risorse finanziarie disponibili.

Sotto un ulteriore profilo si ritiene che la posizione giuridica attiva del soggetto faccia riscontro, accanto alla posizione giuridica passiva degli enti previdenziali, anche quella dello Stato, in quanto questi, in virtù dell’art. 38 Cost., ha l’obbligo di integrare gli istituti da lui predisposti per le prestazioni.

 

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