La crisi finanziaria che affligge il nostro sistema previdenziale e le sue conseguenze sul debito pubblico sono state determinata da diversi fattori: da un lato, dall’introduzione di miglioramenti delle prestazioni e dall’ampliamento del campo di applicazione della tutela previdenziale senza che fosse prevista una adeguata copertura finanziaria; dall’altro lato, per i regimi pensionistici, dalle profonde modificazioni del rapporto esistente tra pensionati e lavoratori in servizio. L’aumento della disoccupazione la diminuzione della popolazione in età di lavoro hanno ridotto inevitabilmente il gettito della contribuzione previdenziale. A ciò si aggiunga che le contribuzioni versate nel tempo si sono rivelate inadeguate a compensare la costante limitazione dei trattamenti pensionistici, se ragguagliati alle ultime retribuzioni.
Per il servizio sanitario nazionale la perdurante assenza di una coerente ed efficace programmazione e la conseguente carenza di coordinamenti, hanno determinato costi sempre crescenti ai quali corrisponde una tutela della salute inadeguata e incompleta. A questa situazione si tenta ora di porre rimedio affidando la gestione della tutela della salute alle regioni e alle quali è stato imposto l’autofinanziamento.
I problemi recentemente posti dalla crisi finanziaria e di gestione dei vari regimi previdenziali si aggiungono a quelli che devono essere considerati tradizionali.
Tra questi ultimi si pone il problema posto dalla disomogeneità dei criteri in base quali sono determinati i livelli delle prestazioni e dalle conseguenti disparità delle condizioni.
Ciò ha determinato profonde differenze di trattamento a seconda della categoria di appartenenza dei soggetti protetti. Al verificarsi del medesimo evento, a seconda del regime applicabile, possono essere erogate prestazioni diverse sia in relazione all’ammontare, sia in relazione alle condizioni richieste per il sorgere del relativo diritto. La liberazione dal bisogno sarebbe dovuta avvenire sulla base della valutazione che la legge fa del bisogno in funzione delle esigenze di carattere generale che attendono di essere soddisfatte.
Una soluzione è stata data quando sono stati stabiliti gli stessi requisiti di età e di contributi per aver diritto alla pensione, abolendo anche le differenze tra dipendenti pubblici e privati.
Un’ulteriore omogeneizzazione è prevista per i requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alla pensione di vecchiaia unificata e per i criteri di calcolo dell’ammontare dei trattamenti pensionistici e della contribuzione previdenziale.
Al tempo stesso era avvertita da tempo l’esigenza di una riforma del sistema destinata a limitare la gestione pubblica ai regimi destinati ad erogare trattamenti pensionistici che garantiscano la soddisfazione delle esigenze essenziali e ad agevolare la volontaria costituzione di regimi previdenziali privatistici in funzione integrativa di quelli pubblici destinati a perseguire interessi privati.
Il problema sotteso a tale esigenza è quello del rapporto che deve intercorrere tra le esigenze della tutela previdenziale quelle di politica economica.
Problema per la soluzione del quale era necessario che la tutela previdenziale realizzi la funzione della liberazione dal bisogno al fine di garantire godimento dei diritti civili e politici.