Il diritto alla previdenza è un diritto sociale che trova il suo diretto fondamento nella Costituzione. Esso è espressione della più ampia idea della sicurezza sociale, che si propone l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini quella condizione di liberazione dal bisogno necessaria per il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Tuttavia, se per “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere” è sancito il “diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”, una tutela speciale e più intensa è riconosciuta a chi, con il proprio lavoro, ha contribuito al benessere della collettività, e, allo stesso tempo, è stato maggiormente esposto a talune situazioni di bisogno che sono tipiche della condizione lavorativa, quali sono la riduzione o la perdita della possibilità di continuare a percepire la retribuzione per effetto “di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. In presenza di tali eventi, infatti, ai “lavoratori” è riconosciuto il “diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita”.

E il riferimento ai mezzi “adeguati” implica il diritto ad una prestazione più elevata rispetto al minimo vitale oggetto del diritto all’assistenza sociale spettante ad ogni cittadino. La tutela previdenziale costituisce, anche in base al principio di solidarietà, un dovere e un interesse della intera collettività organizzata nello Stato. Il diritto alla previdenza sociale rientra tra i diritti sociali condizionati o a prestazioni positive, nel senso che per essere realizzati necessitano di un intervento del legislatore ordinario.

Tale intervento è vincolato nel fine, ma è discrezionale nella individuazione dei modi, delle forme e delle strutture organizzative ritenuti più idonei per il conseguimento del fine stesso. Di fatto, le scelte del legislatore ordinario hanno realizzato un sistema “aperto” nel quale i principi che sono espressione dell’idea di sicurezza sociale convivono ancora con tecniche e regole del modello tradizionale delle assicurazioni sociali. In particolare, l’onere finanziario della previdenza continua ad essere posto, prevalentemente, a carico delle categorie interessate, anche se il loro contributo è integrato dallo Stato; allo stesso modo, i criteri di determinazione delle prestazioni spettanti sono legati da un nesso di corrispettività ai contributi versati, anche se la regolazione di diversi istituti costituisce chiaramente attuazione del principio di solidarietà.

Il fine ultimo, che vincola il legislatore, resta la garanzia della “adeguatezza” della prestazione previdenziale “alle esigenze di vita” del lavoratore. Secondo la Corte costituzionale, i “mezzi adeguati” non si identificano semplicemente con i mezzi necessari per vivere, perché devono tenere conto delle retribuzioni percepite dal lavoratore, che hanno determinato il suo tenore di vita durante il corso del rapporto di lavoro. A questo fine, è stata messa in evidenza la relazione intercorrente tra gli articoli 38 e 36 della Costituzione, così che il legislatore è tenuto a rispettare la proporzionalità tra pensione e reddito da lavoro, che non comporta “Integrale corrispondenza” ma tendenziale commisurazione.

Come tutti i diritti sociali a prestazioni positive, anche la realizzazione dei diritti previdenziali incontra il limite delle risorse disponibile, limite di fatto ed ora anche costituzionalizzato, che può giustificare, in situazioni eccezionali, anche la riduzione di prestazioni in corso di godimento. Al legislatore, però, non è sufficiente indicare l’esistenza di “esigenze finanziarie” per giustificare interventi idonei ad incidere sulla garanzia di “adeguatezza” della prestazione previdenziale, poiché le scelte adottate sono sottoposte al controllo di costituzionalità sotto il profilo della ragionevolezza della prevalenza assegnata alle esigenze finanziarie rispetto ai diritti oggetto di bilanciamento.

 

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