Controllo sindacale e controllo giudiziale

L’effettuazione di licenziamenti collettivi presuppone due decisioni concettualmente e giuridicamente distinte: la decisione di ridurre il personale in conseguenza di una riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro; la decisione relativa alla scelta dei lavoratori da licenziare. La prima decisione rientra nella sfera intangibile della libertà di impresa e, di conseguenza, essa non è sindacabile in sede giudiziale sotto il profilo del merito. La legge, però, prevede l’obbligo del datore di lavoro di svolgere una procedura di informazione e consultazione sindacale, affinché i rappresentanti dei lavoratori possano esercitare un controllo sociale sulla decisione dell’imprenditore e sui suoi effetti.

Controllo a sua volta finalizzato a porre in essere tutte le iniziative ritenute opportune per indurre il datore di lavoro a desistere (in tutto o in parte) dalla sua decisione, anche mediante la proclamazione di scioperi o la formulazione di proposte alternative. Si ritiene, quindi, comunemente, che la disciplina dei licenziamenti collettivi, se confrontata con quella dei licenziamenti individuali, si caratterizza perché sostituisce il controllo giuridico effettuato ex post dal giudice con il controllo sociale effettuato ex ante dal sindacato.

Coerentemente alla ratio della legge, il sindacato giudiziale ha certamente ad oggetto la verifica:

a) della effettività della riduzione;

b) del rispetto degli adempimenti procedimentali previsti dalla legge;

c) della legittimità della scelta del datore di lavoro in ordine ai lavoratori da licenziare (scelta che è concettualmente e giuridicamente distinta dalla decisione di ridurre l’organico).

La procedura sindacale

La procedura sindacale prevede, per il datore di lavoro, obblighi di informazione, di esame congiunto e di comunicazione finale.

A) L’INFORMAZIONE. I soggetti aventi diritto all’informazione sono le rappresentanze sindacali aziendali e le rispettive associazioni di categoria. Ove manchino le rappresentanze sindacali, l’informazione è dovuta alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

La comunicazione contenente le informazioni deve essere effettuata per iscritto e deve contenere le seguenti indicazioni: i motivi che determinano la situazione di eccedenza di personale; i motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla situazione di eccedenza ed evitare il licenziamento collettivo; il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo; il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva.

Il datore di lavoro è obbligato ad effettuare la comunicazione dell’intenzione di effettuare il licenziamento collettivo, e a fornire tutte le informazioni previste in modo completo e veritiero, onde consentire ai rappresentanti dei lavoratori di esercitare il ruolo che la legge riconosce loro. Tali obblighi devono essere adempiuti anche nel caso in cui la decisione dei licenziamenti sia stata assunta non direttamente dal datore di lavoro, bensì da una impresa controllante, e questa non abbia provveduto alla trasmissione delle informazioni richieste.

B) L’ESAME CONGIUNTO. L’esame congiunto si svolge in due fasi, la prima direttamente in sede sindacale e la seconda in sede amministrativa, e deve esaurirsi entro il termine complessivo di 75 giorni (termine ridotto della metà nel caso in cui il licenziamento riguardi meno di 10 lavoratori). La prima fase deve prendere avvio, a richiesta del sindacato, entro 7 giorni dal ricevimento dell’informativa. L’obiettivo del legislatore è, chiaramente, quello di favorire la ricerca di un accordo tra le parti, e, in particolare di un accordo che eviti o limiti i licenziamenti programmati.

A tal fine, l’accordo può anche prevedere: il ricorso ai contratti di solidarietà e a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro; l’assegnazione di lavoratori in mansioni diverse da quelle svolte; la trasformazione dei rapporti di lavoro dei lavoratori prossimi alla pensione in rapporti a tempo parziale; il comando o distacco dei lavoratori eccedenti presso un’altra impresa. Quando non sia possibile evitare la riduzione di personale, inoltre, le parti sono chiamate ad esaminare la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento, quali sostegni economici, e altre misure volte a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.

Le parti possono anche prevedere che i licenziamenti programmati vengano effettuati in un arco di tempo superiore a quello dei 120 giorni previsti dalla legge. In ogni caso, per sollecitare l’interesse del datore di lavoro alla ricerca di un accordo, è previsto che il contributo previdenziale posto a suo carico per ogni lavoratore licenziato è ridotto alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale. Tale disposizione, però, è legata alla disciplina del trattamento previdenziale di mobilità, di cui è prevista la scadenza alla data del 31 dicembre del corrente anno.

Se entro 45 giorni dal ricevimento delle informazioni le parti non sono riuscite a trovare l’accordo, si intende conclusa la prima fase, e si apre quella in sede amministrativa, che si svolge davanti gli uffici pubblici competenti (la Direzione territoriale del lavoro, la Direzione regionale del lavoro o il Ministero del lavoro, a seconda dell’ambito territoriale interessato dalla riduzione del personale). Gli uffici pubblici assumono normalmente un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni possibili, essendo legittimati a formulare anche proposte per la realizzazione dell’accordo. Ma, ove questo non venga raggiunto entro 30 giorni, si considera esaurita anche questa seconda fase. Tutti i termini della procedura previsti dalla legge sono prorogabili con il consenso delle parti (datore di lavoro e sindacati).

C) IL LICENZIAMENTO E LE ALTRE COMUNICAZIONI FINALI. Esaurito l’esame congiunto (per inutile decorso dei termini, o per il raggiungimento dell’accordo sindacale), il datore di lavoro ha facoltà di licenziare i lavoratori eccedenti nel numero inizialmente programmato, ovvero, nel caso di accordo sindacale, nel numero individuato da quest’ultimo (e, quindi, anche in un numero inferiore a 5). Per esercitare tale facoltà, il datore di lavoro deve individuare i lavoratori eccedenti in base ai criteri di scelta stabiliti dalla legge o dall’accordo sindacale e comunicare a ciascuno dei lavoratori il recesso.

Recesso che, non essendo per giusta causa, è con preavviso. Inoltre, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto agli uffici pubblici competenti ed alle associazioni sindacali di categoria l’elenco dei lavoratori licenziati, fornendo le informazioni relative a ciascuno di essi e indicando in modo “puntuale” le modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta. Tale comunicazione ha una particolare rilevanza, in quanto essa è necessaria per consentire il controllo della correttezza della individuazione dei lavoratori licenziati da parte del datore di lavoro.

La comunicazione di cui trattasi deve essere effettuata “entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi”, e non più, come in precedenza, contestualmente a questi ultimi. Sia le comunicazioni di recesso, che le comunicazioni agli uffici pubblici e alle associazioni sindacali sono dichiarate prive di efficacia non solo ove non venga osservata la forma scritta, ma anche ove non risulti osservata la procedura prevista dalla legge. Il legislatore è, quindi, intervenuto stabilendo che, per quanto riguarda gli eventuali vizi della comunicazione di avvio della procedura sindacale, essi possono essere sanati dall’accordo sindacale che conclude la procedura stessa.

 

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