L’ attività d’ impresa potrà essere lecita o illecita, a seconda che sia conforme o meno a norme imperative. Talvolta peraltro la norma non vieta tout court l’ esercizio di una certa attività, ma lo subordina a presupposti o a condizioni o lo riserva allo stato o a determinate figure organizzate.

All’ eventuale illiceità dell’ impresa è estraneo il problema della nullità, la quale infatti concerne l’ inidoneità dei singoli atti a produrre effetti. La nullità degli atti di cui si compone l’ attività d’ impresa potrà eventualmente essere dichiarata, ma ciò non per la constatata illiceità dell’ impresa, sebbene perchè la violazione della norma abbia in concreto inficiato anche il singolo atto ai sensi dell’ art. 1418.

Più delicato è il problema delle conseguenze dell’ attività d’ impresa illecita: dovendosi chiedere se nessuna o solo alcune o addirittura tutte le discipline che sono proprie all’ attività d’ impresa trovino applicazione, davanti all’ unica sanzione che pare fuori discussione, quella della necessaria liquidazione dell’ attività contra legem.

E’ evidente che la immeritevolezza per l’ ordinamento si traduca nel divieto di continuare nell’ attività; ma è altrettanto evidente che se si postula come necessaria la cessazione dell’ attività oggettivamente considerata possa e debba egualmente trovare tutela.

Da qui la ragionevolezza della tesi che nega l’ acritica disapplicazione delle discipline dell’ impresa all’ attività economica di cui ciò sia coerente alla miglior tutela degli interessi coinvolti nella attività d’ impresa che risulti obiettivamente ravvisabile; in una sorta di disaggregazione

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