La qualità di imprenditore può essere riconosciuta quando l’attività svolta è illecita, cioè contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume?

Es. impresa che fabbrica droga à reato

Contrabbando sigarette à reato

Un attività di impresa illecita può dar luogo al compimento di una serie di atti leciti e validi. Infatti, l’illiceità del risultato globalmente perseguito dall’imprenditore non comporta di per sé l’illiceità della causa o dell’oggetto, art. 1418, dei singoli atti di impresa.

I terzi creditori meritevoli di tutela possono esistere anche quando l’attività di impresa è illecita, quindi chi esercita attività commerciale illecita è esposto al fallimento.

Nel caso di impresa illegale, l’illecito non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore con pienezza di effetti, ferme restando le conseguenti sanzioni amministrative e penali. Il titolare dell’impresa illegale è esposto al fallimento. Tale tipo di illecito non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore (commerciale) e con pienezza di effetti. Il titolare di un’impresa illegale è esposto al fallimento.

Nel caso di impresa immorale, cioè di un’attività che abbia un oggetto illecito (es. traffico di droga), al fine di tutelare i terzi estranei all’illecito, si nega l’esistenza di impresa. Questo, per il timore che il riconoscimento della qualità di imprenditore porti all’applicazione non solo delle norme che tutelano i creditori di un imprenditore commerciale (fallimento), ma anche delle norme che tutelano l’imprenditore nei confronti dei terzi ( disciplina dell’azienda, dei segni distintivi, della concorrenza sleale). In questi casi deve applicarsi il principio secondo cui da un comportamento illecito non possono mai derivare effetti favorevoli per l’autore dell’illecito o per chi ne è stato parte.

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