Esercizio indiretto dell’attività di impresa. L’imprenditore occulto

L’esercizio di impresa può dar luogo a dissociazione fra il soggetto cui è formalmente imputabile la qualità di imprenditore ed il reale interessato. E’ questo il fenomeno, largamente diffuso, dell’esercizio dell’impresa tramite interposta persona. Ci si trova di fronte ad un imprenditore palese o prestanome che ha bisogno di mezzi finanziari, fornitogli dall’imprenditore indiretto o occulto il quale dirige l’impresa e fa propri tutti i guadagni. A questo espediente si può ricorrere per aggirare un divieto di legge e questa è l’ipotesi più frequentemente praticata per non esporre al rischio d’impresa tutto il proprio patrimonio personale.

Pericoli per i creditori

Tra i due sussiste un accordo di mandato senza rappresentanza (art. 1705). La dottrina per l’imputazione del rischi d’impresa si divide in tre correnti di pensiero:

  1. Teoria del potere d’impresa: parte dall’ inscindibilità del rapporto potere-responsabilità (che nel nostro ordinamento giuridico è espressamente sanzionata), ovvero chi esercita il potere di direzione di un’impresa se ne assume anche il rischio e risponde delle obbligazioni; responsabili sono quindi sia il prestanome che il dominus;
  2. Teoria dell’imprenditore occulto: il dominus non solo risponderà insieme al prestanome delle obbligazioni sociali ma il più fallirà sempre e comunque insieme al prestanome; il ragionamento parte dall’art. 147 della lg. fall. affermando che il fallimento della società si estende anche per i soci scoperti solo in un secondo momento (fallimento del socio occulto di società palese). Per analogia la norma sarebbe poi applicabile anche all’ipotesi in cui i soci abbiano occultato l’esistenza stessa della società (fallimento del socio occulto di società occulta) e quindi fallisce chiunque domini un’impresa (fallimento imprenditore occulto);
  3. Teoria della validità del solo criterio formale: dall’art. 147 si può desumere la responsabilità illimitata di chi ha occultato il suo essere socio, ma mai di chi socio non è. Infatti tra dominus e prestanome nessuna società esiste; il prestanome è solo il mandatario senza rappresentanza del primo e non socio; l’imputazione quindi è sempre retta da indici esclusivamente formali ed oggettivi, perciò il dominio di fatto non è sufficiente per l’acquisto della qualità d’imprenditore e quindi per esporre a fallimento: possibile soluzione è il ritenere esistente tra i soggetti un’autonoma attività d’impresa (c.d. impresa fiancheggiatrice).
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