Atto inesistente

La causa di invalidità dell’inesistenza, non prevista dal codice, è stata costruita dalla dottrina e dalla giurisprudenza per evitare che il formarsi del giudicato impedisse al giudice di accertare quelle clamorose violazioni della legge processuale non disciplinate dal legislatore proprio a causa della loro eccezionalità.

L’inesistenza di una sentenza, in particolare, impedendo che si formi il giudicato, permette al giudice di rilevare la sua invalidità anche dopo che tale sentenza sia divenuta irrevocabile. L’inesistenza, quindi, costituisce una sorta di deroga al principio di tassatività delle invalidità. Tra i casi di inesistenza comunemente riconosciuti possiamo ricordare:

  • la carenza di potere giurisdizionale del giudice (es. sentenza penale emessa dalla pubblica amministrazione);
  • la sentenza pronunciata contro un imputato totalmente incapace perché coperto da immunità (es. agente diplomatico).

Atto abnorme

La giurisprudenza, constatando l’impossibilità di impugnare quei provvedimenti talmente anomali da presentarsi del tutto eccentrici rispetto al sistema, ha creato l’ulteriore categoria del provvedimento abnormi. Tale abnormità, in particolare, è stata considerata come un vizio non tipizzato che giustifica il ricorso immediato per cassazione (art. 111 co. 7 Cost.).

Se il vizio di inesistenza fa eccezione sia la principio di tassatività delle invalidità sia alla regola del giudicato, quindi, il vizio di abnormità fa eccezione soltanto al principio di tassatività: l’abnormità dell’atto, infatti, deve essere fatta valere nei termini del ricorso per cassazione, con decorrenza dalla conoscenza concreta del fatto.

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