L’inutilizzabilità è un tipo di invalidità che colpisce non l’atto in sé ma il suo valore probatorio: l’atto, infatti, una volta stabilita la sua inutilizzabilità, non può essere posto a base di una decisione. Tale inutilizzabilità si definisce:
- assoluta, quando il giudice non può basarsi su di esso per emettere un provvedimento;
- relativa, quando la legge indica le persone nei confronti delle quali non può essere utilizzato un determinato atto o la categoria di provvedimenti che non possono basarsi su tale atto;
- speciale, quando una norma del codice commina espressamente tale sanzione per il mancato rispetto delle condizioni previste per l’acquisizione di una determinata prova;
- generale, quando si riferisce a categorie di inosservanze delineate nel genere (es. prove).
Occorre tracciare una fondamentale distinzione tra due forme di inutilizzabilità:
- l’inutilizzabilità patologica, che consegue ad alcuni tra i vizi più gravi del procedimento probatorio. Ai sensi dell’art. 191 co. 1 le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate . Dal momento che tale articolo è rubricato prove illegittimamente acquisite , si ritiene che il divieto idoneo a provocare l’inutilizzabilità patologica sia soltanto quello prevista da una norma processuale. In astratto, quindi, le prove raccolte violando una norma penale sostanziale sono utilizzabili.
In base all’art. 191 co. 1, il vizio dell’inutilizzabilità deriva dall’aver acquisito una prova violando un divieto probatorio:
- si ha divieto relativo all’an, se il giudice ha acquisito una prova esercitando un potere che la legge processuale vietava (inutilizzabilità generale);
- si ha divieto relativo al quomodo, se il giudice ha violato una semplice modalità di assunzione della prova. In questo caso, la prova diventa inutilizzabile soltanto se tale sanzione è tassativamente prevista dalla legge come conseguenza della violazione di quella modalità di assunzione (inutilizzabilità speciale).
L’inutilizzabilità, rilevabile dal giudice in ogni stato e grado del procedimento (co. 2), non può essere sanata e l’atto viziato non può essere rinnovato: tale vizio, infatti, si traduce direttamente in un limite al libero convincimento del giudice;
- l’inutilizzabilità fisiologica, posta a tutela del principio del contraddittorio (principio della separazione delle fasi del procedimento). Tale inutilizzabilità si riferisce a quelle categorie di atti che, pur non violando un divieto probatorio, sono state acquisite prima del dibattimento e quindi in violazione dell’art. 526, secondo il quale il giudice può utilizzare ai fini della deliberazione soltanto le prove legittimamente acquisite nel dibattimento.
In questi casi l’inutilizzabilità diventa una sorta di griglia selettiva degli elementi di prova che possono essere posti alla base di una decisione dibattimentale.