Riteniamo che non vi siano impedimenti a che l’effetto traslativo sia sottoposto a termine iniziale o a condizione sospensiva in quanto la volontà delle parti è libera nello stabilire il momento o la situazione in cui il negozio dovrà produrre i suoi effetti. Diverso è il problema dell’apposizione di termine finale o di condizione risolutiva. Coloro che ritengono non vi siano impedimenti a sottoporre l’effetto traslativo della proprietà a termine finale o a condizione risolutiva sono soliti richiamare alcune norme che sembra depongano in tal senso, come l’art 2643 n. 1 c.c. (secondo il quale sono soggetti a trascrizione “i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili”, esteso a tutti i precetti che accompagnano il trasferimento) oppure l’art. 2659 2co. c.c. (secondo il quale “se l’acquisto o la modificazione del diritto sono sottoposti a termine o condizione, se ne deve fare menzione nella nota di trascrizione”).

Quindi il principio di tutela dei terzi sarebbe salvaguardato a sufficienza ogni qual volta siano rispettate le forme di pubblicità previste dalla legge.

Sotto altro aspetto si rileva a proposito dell’apposizione di un termine finale al trasferimento della proprietà, che in tema di diritti reali l’ordinamento riconosce ipotesi di modalità temporali dell’attribuzione così come si evince dalle norme dettate in tema di usufrutto e superficie. Entrambi gli argomenti non risultano validi. Nel primo caso si finisce per assegnare alla trascrizione la funzione di rappresentare il superamento della relatività dei contratti (che ha rilevanza nell’ordinamento se esplicitamente disposto) e il fondamento dell’opponibilità. Nel secondo caso estende una regola applicata all’usufrutto e alla superficie allo scopo di consentire la riespansione del diritto di proprietà.

E’ pur vero che il venditore, a norma dell’art 1500 c.c. (Patto di riscatto), può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta, ma si tratta di una ipotesi subordinata a determinati termini e modalità. Diversamente è da dire per la vendita con riserva, perché la riserva – se trascritta – ha la funzione di garantire il venditore-creditore in ordine al pagamento del prezzo e non certo quella di creare vincoli alla proprietà.

Un differente discorso va fatto per l’ipotesi in cui la condizione risolutiva dovesse fungere da meccanismo risolutivo in caso di mancato pagamento del prezzo. In questo caso ai fini della rimozione degli effetti del negozio dovrebbe trovare applicazione l’art. 1458 2co. c.c. dettato in tema di effetti della risoluzione, in base al quale la risoluzione “non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”. Pensiamo che vi siano anche altre ragioni di tipo sistematico che si pongono contro l’opponibilità a terzi di negozi traslativi nei quali si assiste ad un sostanziale svuotamento della facoltà di disposizione spettante al proprietario.

Si può richiamare l’art. 1379 c.c., il quale afferma il valore personale – quindi obbligatorio e non reale – del divieto convenzionale d’alienazione e la non opponibilità dello stesso ai terzi. Da tale norma – che ci sembra di carattere eccezionale in quanto deroga al principio della titolarità – è possibile trarre uno spunto di conferma del fatto che la disciplina della circolazione dei beni non è indifferente alle regole previste per la responsabilità patrimoniale, che affidano alla legge la previsione di limiti di responsabilità. Le osservazioni svolte consentono di formulare una direttiva generale in base alla quale i patti che incidono sulle facoltà del proprietario tali da pregiudicare il valore di scambio del bene oggetto del suo diritto, non sono opponibili ai terzi.

Su di un versante simile si collocano figure contrattuali, sorte dalla pratica, che alcuni studiosi qualificano come contratti traslativi o affetti reali. La particolarità di questi contratti – denominati di trasferimento di cubatura o di volumetria – sta nel fatto che non alterano una figura tipica di diritto reale, ma ne costituiscono una nuova. Per trasferimento di cubatura si intende il contratto in cui un proprietario cede ad altro proprietario “la facoltà di edificare, esistente sul suo terreno secondo le norme urbanistiche, affinché il cessionario possa avvalersi di tale facoltà, dinanzi al Comune, per ottenere una concessione a realizzare un volume edilizio maggiore di quello che gli spetterebbe, sul terreno di sua proprietà secondo le regole generali”.

Alcuni sostengono che questo contratto vada classificato come ad effetti reali perché crea un vincolo reale sul fondo “cedente” e una facoltà tutelata e trasmissibile secondo le regole dei diritti reali sul fondo “cessionario”. In realtà questo contratto non trasferisce un diritto reale, ma semplicemente il potere di chiedere una concessione edilizia di contenuto più ampio di quella spettante alla proprietà del cessionario. La soluzione può convincere se si considera che il cessionario, una volta ottenuta la concessione e realizzata l’opera, non sarà titolare di un diritto di proprietà e di un diritto reale (innominato), ma del solo diritto di proprietà per come attuato in conformità alla concessione edilizia.

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