Il verificarsi di una situazione di reciproca esistenza di debiti e crediti tra due persone e cioè di coesistenza di due crediti liquidi ed esigibili dello stesso contenuto, cioè omogenei, comporta l’estinzione dei due debiti reciproci per le quantità corrispondenti (art. 1241). L’immagine comunemente evocata è quella secondo al quale la compensazione è uno strumento con il quale è possibile evitare nel modo più semplice e più economico un reciproco pagamento. Ciò che si manifesta attraverso la compensazione è la facoltà concessa alle parti del rapporto obbligatorio di influire e neutralizzare l’altrui pretesa alla prestazione attraverso la rinuncia della propria pretesa alla prestazione. Si suole distinguere tra compensazione legale e convenzionale. La prima si attua tra debiti aventi per oggetto somme di denaro o quantità di cosa fungibili dello stesso genere che siano determinati nel proprio ammontare (liquidi) e che siano scaduti (esigibili). La seconda è quella attuata su richiesta delle parti dal giudice quando manca la liquidità. La compensazione volontaria si può verificare per volontà delle parti anche in mancanza delle condizioni di omogeneità, liquidità ed esigibilità, fermo restando logicamente il requisito della reciprocità dei crediti. La compensazione legale deve essere fatta valere da uno dei due creditori mentre non può essere rilevata d’ufficio da parte del giudice. Gli effetti estintivi della compensazione retroagiscono dal momento in cui essa viene fatta valere ad un momento precedente e cioè al primo istante in cui questa avrebbe potuto essere fatta valere. Il carattere che appare prevalente nella disciplina della compensazione risiede nella funzione di garanzia che essa realizza a favore del creditore-debitore che oppone la compensazione. La soddisfazione del diritto di credito è in questo caso attuata mediante la non esecuzione della prestazione dovuta. Nella reciproca elisione dei crediti contrapposti si manifesta questa utilità la quale comporta per il creditore-debitore opponente la compensazione. La posizione del soggetto legittimato ad opporre la compensazione appare molto simile a quella del creditore titolare di un diritto reale di garanzia sui beni del proprio debitore.

Questa funzione della compensazione di garantire e difendere il diritto del creditore è confermata dai principi già accennati contenuti nel c.c.: essa può essere fatta valere solo dalla parti e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice; è preventivamente rinunciabile, come è implicitamente rinunciabile dopo che siano realizzati i suoi presupposti quando il debitore abbia accettato la cessione; mentre nel caso in cui la cessione del credito non sia stata accettata, il debitore mantiene la facoltà di compensare il proprio debito. In quest’ultima ipotesi si verifica una condizione particolarmente significativa dalla quale si deduce che la compensabilità è una qualità intrinseca del credito. In conclusione, la compensazione dei debiti e dei crediti configura una della possibili forme in cui si manifesta la tutela del diritto di credito attribuendo alle parti del rapporto obbligatorio strumenti idonei a neutralizzare la pretesa dell’altro anche al di là dei rigidi confini della reciprocità.

La legge stabilisce quali sono i presupposti per poter operare la compensazione: reciprocità, coesistenza, liquidità, esigibilità, assenza delle ragioni di esclusione di cui all’art. 1246 c.c. La compensazione è dunque un diritto concesso a chiunque sia parte di un rapporto di obbligazione.

Tale diritto si manifesta nelle forme del diritto potestativo in quanto l’uno o l’altro dei due soggetti obbligati provocano e conseguono una modificazione di grande rilevanza nella situazione di fatto e di diritto, ottenendo la liberazione dai propri vincoli debitori.

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