In passato, era molto diffusa l’idea che potesse trovare spazio nel diritto tributario soltanto la confusione (nei casi in cui lo Stato sia al tempo stesso creditore e debitore) e non anche la compensazione legale, al di là del campo delle cd. ritenute dirette (che si applicano quando lo Stato è al tempo stesso debitore del contribuente, per stipendi, e creditore delle imposte sugli stipendi medesimi). L’ostacolo principale che impediva all’istituto della compensazione di poter operare era ravvisato nelle norme che stabilivano come un’unica modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria il pagamento.

Però, a seguito della legge n. 212/2000 (lo Statuto del contribuente) si è giunti ad affermare il principio che l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. Questa disposizione fa un vero e proprio richiamo alla compensazione legale prevista dal diritto privato, anche se la stessa disposizione rinvia a regolamenti (non ancora emanati) per la disciplina della stessa. Ciò denota di per sé i vari problemi legati all’estensione delle regole privatistiche sulla compensazione al settore tributario. Precisamente gli ostacoli che si oppongono a questa estensione sono:

Le particolarità strutturali delle situazioni soggettive tributarie, le quali rendono incerta la stessa determinazione del momento a partire dal quale potrebbe aversi quella coesistenza dei rapporti di debito/credito, entrambi liquidi ed esigibili, tra due stessi soggetti, che della compensazione legale è il presupposto;
Le regole della contabilità pubblica, per le quali le entrate e le uscite devono essere distintamente contabilizzate per il loro effettivo ammontare, e con le quali non è facilmente conciliabile il principio della loro possibile compensazione.

Bisogna aggiungere che il legislatore tributario espressamente qualifica in termini di compensazione alcuni assetti normativi che hanno poco a che vedere con l’omonimo istituto civilistico.

Ad esempio, il legislatore qualifica come compensazione la possibilità di utilizzare le eccedenze risultanti dalle dichiarazioni presentate per l’estinzione di successivi obblighi di pagamento. La dottrina, in merito è concorde nell’escludere che questa sorta di compensazione presenti gli estremi della compensazione civilistica (la quale richiede che le contrapposte situazioni attive e passive facciano capo agli stessi soggetti). In ogni caso, le caratteristiche della disciplina in questione consistono nel fatto che:
Sono compensabili solo le eccedenze risultanti dalle dichiarazioni presentate, e non anche i redditi derivanti, ad esempio da contratti, sentenze, ecc;
La compensazione è possibile solo se nelle dichiarazioni medesime il contribuente ha optata per l’imputazione dell’eccedenza ai successivi adempimenti, al posto della richiesta di rimborso:
La compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva;
Infine, il credito utilizzabile per la compensazione non è produttivo di interessi.

Alla luce di tutto questo, possiamo dire che la compensazione in questione non è altro che una forma atipica di pagamento.

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