La circolazione di atti e di informazioni sul procedimento è disciplinata dagli artt. 116, 117 e 118 in ragione dei soggetti legittimati ad ottenerli. La prima disposizione afferma, come principio generale, che chiunque vi abbia interesse può ottenere, a proprie spese, il rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti, ivi compresi, pertanto, quelli incorporati su supporti non cartacei. Tale rilascio non può essere ottenuto allorché si tratti di atti ancora coperti dal segreto sulle indagini o divenuti oggetto di un decreto di segretazione (art. 329). Nessuno ostacolo discende, invece, dall’esistenza di un mero divieto di pubblicazione sganciato da un sottostante segreto.

Tuttavia, per giurisprudenza consolidata, il diniego dell’autorizzazione non è impugna-bile, neppure tramite ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poiché si tratta non di un provvedimento giurisdizionale, ma di un atto amministrativo ampiamente discrezionale. L’art. 43 disp. att. esplicita, poi, che nessuna autorizzazione è dovuta «nei casi in cui è riconosciuto espressamente al richiedente il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati di atti». Ciò vale, nei confronti della generalità delle sentenze in quanto emanate in nome del popolo (art. 101 comma 1° Cost.).

Ai sensi dell’art. 116 comma 3°-bis, introdotto dall’art. 2 comma l” I. 7 dicembre 2000, n. 397, il difensore (o un suo sostituto) che presenti all’autorità giudiziaria atti o documenti ha diritto al rilascio di attestazione dell’avvenuto deposito. Stando ai primi interpreti – meglio, alla maggior parte di essi – la norma si porrebbe in stretto rapporto con la formazione del fascicolo difensivo e, in particolare con l’esigenza di individuare con certezza la data del deposito allorquando il giudice non abbia tenuto conto del contenuto del fascicolo difensivo.

Per quanto riguarda l’attività investigativa, la trasmissione di informazioni svolge un compito essenziale all’interno di un sistema che ha inteso ridimensionare l’ambito del processo cumulativo (art. 12). Benché la stessa autorità giudiziaria procedente possa disporre, di propria iniziativa, la trasmissione, ai sensi dell’art. 117, organo legittimato a presentare la richiesta è unicamente il pubblico ministero che procede, donde l’esclusione di organi delegate.

La circolazione di copie e di informazioni troverà, pertanto, spazio quando manchino i presupposti del coordinamento informativo ed investigativo, ovvero vi sia dissenso tra gli uffici del pubblico ministero sulla gestione delle indagini, a meno che si tratti di procedimenti per reati di criminalità organizzata (artt. 118-bis comma 3° disp. att. e 371-bis) – il che preclude un coordinamento che l’art. 371 vuole spontaneo – o quando le indagini non risultino collegate nonostante l’ampiezza dei parametri fissati in materia dal legislatore o, ancora, quando l’altro procedimento non si trovi più nella fase delle indagini preliminari.

Verificate «senza ritardo» la propria competenza e quella dell’organo da cui proviene la motivata richiesta, l’autorità giudiziaria versa in un’alternativa secca: rigettarla od accoglierla. La prima soluzione sarà adottata, oltre che per ragioni di ordine rituale, per la riconosciuta esigenza di preservare il segreto di cui all’art. 329. L’obbligo di motivare congrua-mente il rigetto non è comunque sanzionato dalla legge processuale. Naturalmente, resta sempre aperta la strada di rinnovare la richiesta.

Anche per quanto concerne l’utilizzabilità delle copie di atti o delle in-formazioni trasmesse, l’attenzione si focalizza nell’art. 117. Qui il legislatore ha specificato che la trasmissione vale solo «per il compimento delle indagini» da parte del pubblico ministero. Escluso ogni impiego in chiave probatoria. Un’ulteriore penetrazione nella sfera del segreto investigativo proviene poi dal potere conferito dall’art. 117 comma 2-bis al procuratore nazionale antimafia.

 

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