Permane l’interdizione all’impiego di mezzi meccanici (ad esempio, la dattilografia) oppure di segni diversi dalla scrittura (ad esempio, la stampigliatura a timbro), equiparati ad una mancata sottoscrizione: in tal senso va intesa la comminato-ria di invalidità contenuta nell’art. 110 comma 2°. Talora il codice impone che gli atti dei soggetti privati siano muniti di un’attestazione relativa all’autenticità della firma. Sono ora abilitati ad autenticare la sottoscrizione di atti, oltre al funzionario di cancelleria, il notaio, il difensore, il sindaco un funzionario delegato dal sindaco, il segretario comunale, il giudice conciliatore, il presidente del consiglio dell’ordine forense o un consigliere da lui delegato.
Naturalmente, il significato dell’intero discorso sta tutto nelle pur ridotte comminatorie di invalidità, sia nella specie dell’inammissibilità (art. 78 comma l°) sia nella specie della nullità relativa (artt. 142, 171 lett. c e g, e 546 comma 3°), talora rilevabile anche d’ufficio (art. 292 comma 2° lett. e), peri casi di mancata sottoscrizione dell’atto. Da un punto di vista generale, può dirsi che la sottoscrizione illeggibile non produce nullità allorché la provenienza dell’atto, sia ricavabile aliunde.
Premesso che nel linguaggio del codice la data resta comprensiva pure del luogo di formazione dell’atto (c.d. data topica), di regola è sufficiente, accanto all’indicazione spaziale, quella temporale sotto forma di menzione del giorno del mese e dell’anno (art. 111); talvolta è prevista anche l’indicazione (artt. 136 comma 1°, 386 comma 3°, 480 comma 1°, nonché un 59 e 115 comma 1° disp. att.).
Per espresso disposto dell’art. 111 comma 2°, l’invalidità sussiste solo nell’ipotesi cui la data non possa stabilirsi con certezza sulla base di elementi tratti dall’atto medesimo o da atti a questo connessi. Se la documentazione di un’atto, per qualsiasi causa è stata distrutta, smarrita o sottratta, né è possibile ricuperarla, ma di tale atto occorre tuttavia fare uso, il codice prevede l’impiego di più rimedi, collocati secondo un ordine successivo che tiene conto della rispettiva complessità. Il più semplice (art. 112) si risolve nella surrogazione all’originale di una copia autentica. Se non è possibile procedere alla surrogazione, soccorre l’istituto della ricostituzione.
Nell’intento di rafforzare i poteri del giudice rispetto alle lacune degli atti, l’art. 113 consente un’iniziativa ex officio, ma non indica l’organo incaricato a provvedere. Al pari di quanto dottrina e giurisprudenza hanno sostenuto in passato, tale organo si individua nel giudice avanti al quale pende il procedimento o nel giudice dell’esecuzione. Data la sua natura antieconomica, la rinnovazione dell’atto mancante è configurata dall’art. 113 comma 3° alla stregua di un’extrema ratio. Previo un giudizio di necessità e di possibilità, essa e disposta con ordinanza — da ritenersi inoppugnabile, ma non irrevocabile — che ne prescrive le modalità, non anche le forme, essendo queste predeterminate dalla legge.