Incide in materia di identificazione dell’azione. La causa petendi è elemento di identificazione dell’azione (è il fatto giuridico costitutivo della situazione sostanziale dedotta in giudizio). A questa regola si faceva un’eccezione per il diritto di proprietà, nel senso che quando questo veniva fatto valere la causa petendi doveva sempre essere dedotta nel processo, ma non era un elemento di identificazione dell’azione. Di conseguenza nel corso del processo potevano essere dedotte nuove cause petendi senza che vi fosse un mutamento della domanda (che è vietato), si aveva solo una modificazione della domanda (che è ammessa).

Questa regola poi è stata il modello per la formulazione di questa teoria. Il fondamento di tale regola stava nel fatto che uno non poteva essere proprietario più di una volta, il diritto veniva identificato dal contenuto del diritto (es. fra Tizio e Caio possono esistere più diritti di credito aventi ad oggetto somme di denaro, è chiaro che si distinguono per la causa petendi, mentre esiste un solo diritto di proprietà, non più diritti di proprietà). Vi è stato chi ha detto che questa situazione del diritto di proprietà esiste anche per tutti i diritti reali parziali di godimento (usufrutto, uso, abitazione, servitù, superficie ed enfiteusi), che sono tutti diritti assoluti.

Allora c’è stato chi ha detto che tutti i diritti assoluti possono esistere una volta sola (es. diritto al nome, status etc.). Anche nell’ambito dei diritti di credito sono stati identificati dei diritti che si identificano per il loro contenuto (autodeterminanti), che sono i diritti di credito aventi ad oggetto prestazioni infungibili (es. contratto d’opera con un pittore per la realizzazione di un mio ritratto). Da qui la categoria delle domande autodeterminate che sarebbero disciplinate come per il diritto di proprietà: è ammessa la modifica della domanda se muta la causa petendi.

Il sistema delle preclusioni introdotto nel ’95 ha ridotto l’importanza di questa teoria perché la legge chiede l’allegazione del fatto costitutivo e poi pone la preclusione per l’allegazione di altri fatti costitutivi. Il problema si pone comunque in appello per lo ius novorum (art. 345 c.p.c.) che disciplina i limiti entro i quali è possibile ammettere elementi nuovi non dedotti nel processo di primo grado.
Anche chi ammette questa teoria non è poi così concorde sul suo ambito di applicazione.

 

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