I rapporti fra giudice civile e giudice amministrativo sono ancora disciplinati da una legge del 1865 che prevede il potere di disapplicazione, da parte del giudice civile, dell’atto amministrativo illegittimo. Allorché venga azionato nel processo civile un diritto sostanziale sorto per effetto di un provvedimento amministrativo, quando questo provvedimento viene impugnato davanti al giudice amministrativo, non vi è l’obbligo di sospendere il giudizio civile (il giudice civile disapplica il provvedimento amministrativo se ritiene che sia illegittimo).

Non vi è una sospensione necessaria del processo civile che verte su diritti sostanziali quando il processo amministrativo ha per oggetto interessi legittimi, però tuttora è configurabile una sospensione necessaria per pregiudizialità civile nei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (la ragione di quest’attribuzione è costituita dalla difficoltà a volte di distinguere il diritto soggettivo dall’interesse legittimo in certe materie, quindi è più sicuro attribuire l’intera giurisdizione ad un giudice).

Tuttora si trovano pronunce che affermano che è opportuno sospendere il processo civile in attesa della definizione del processo amministrativo (processo amministrativo non su diritto sostanziali, ma su provvedimenti amministrativi). Quindi quella sospensione per ragioni di opportunità che la giurisprudenza si è auto attribuita può continuare a verificarsi. Anche il processo civile viene sospeso per opportunità di attendere la definizione del processo penale.
Uno dei presupposti generali della sospensione è l’identità delle parti tra i due processi, perché altrimenti non può operare quel vincolo in ragione del quale si giustifica la sospensione necessaria (quell’autorità di cosa giudicata in ragione della quale viene giustificato l’istituto della sospensione necessaria).

Un limite alla possibilità di sospendere il processo dipendente è lo stato di quiescenza del processo pregiudiziale. La quietanza si ha quando:
– L’atto di citazione è stato notificato ma non ancora iscritto a ruolo;
– Dopo la pubblicazione della sentenza in attesa dell’impugnazione;
– Dopo che la causa è stata cancellata dal ruolo quando si verifica una di quelle ipotesi di inattività delle parti non sanzionata immediatamente dall’estinzione del processo;
– Quando il processo pregiudiziale è stato a sua volta sospeso o si è interrotto e quindi necessita di un atto di riassunzione.

Interruzione
Anche questa comporta un arresto negli atti processuali (possono essere compiuti gli atti urgenti e i provvedimenti cautelari ex art. 669 quater c.p.c.). Alla base dell’interruzione c’è la tutela del principio dell’effettività contraddittorio, ossia la possibilità di far valere i propri diritti nel contraddittorio (il processo si interrompe quando si verificano certi eventi che riguardano la parte, es. quando questa muore).
Il processo è interrotto fino a quando non viene compiuta un’attività diretta a ripristinare l’effettività del contraddittorio: questo può avvenire dalla parte, dai suoi eredi o dalla controparte (es. se muore la parte, la controparte può riassumere il processo citando gli eredi).

La riforma del 2009 è intervenuta sotto due profili:
– Il termine per riassumere è stato ridotto a 3 mesi (prima era di 6 mesi);
– Quando l’evento riguarda la parte contumace, prima il processo non era interrotto se non dal momento in cui tale evento veniva certificato nella relazione di notifica di uno di quegli atti che dovevano essere notificati personalmente alla parte contumace. Adesso si consente anche alla controparte di poterlo dimostrare.

 

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