La dottrina fa riferimento a tre elementi che, individuando il quid pluris della sentenza di condanna rispetto a quella di mero accertamento, sarebbero idonei a differenziarla. Tali elementi, in particolare, consistono nell’idoneità della sentenza di condanna:

  • a costituire titolo esecutivo (art. 474 n. 1): sebbene tale articolo parli genericamente di sentenze, risulta praticamente indiscusso che l’unica specie di sentenze in cui l’art. 474 trova applicazione è costituito dalle sentenze di condanna.

Occorre chiedersi quale sia il momento in cui la sentenza acquista efficacia costitutiva (processo di esecuzione forzata). Al riguardo gli artt. 282 e 337 evidenziano come non vi sia contemporaneità tra giudicato ed esecutività della sentenza e come l’efficacia esecutiva della sentenza di condanna sia sempre anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato della stessa;

  • a costituire titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale(art. 2818 c.c.): il co. 1 si riferisce esplicitamente ad ogni sentenza che porta condanna:
    • al pagamento di una somma;
    • all’adempimento di altra obbligazione (es. obbligo di fare);
    • al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente.

Il co. 2 equipara la sentenza di condanna ad ogni altro provvedimento giudiziale al quale la legge attribuisce tale effetto (es. decreto ingiuntivo). Anche questa disposizione non specifica il momento in cui la sentenza diviene titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Nel silenzio della legge, quindi, dottrina e giurisprudenza ritengono che la sentenza di condanna costituisca titolo anche quando essa non sia passata in giudicato e anche se priva di efficacia esecutiva.

A questo punto sono necessarie alcune considerazioni in ordine alla funzione che l’ipoteca giudiziale può assumere in concreto:

  • se la sentenza di condanna ha per contenuto il pagamento di una somma di denaro, l’ipoteca si iscrive per la somma determinata dalla sentenza e la sua funzione è quella di creare a favore del creditore un diritto reale di garanzia su alcuni beni del debitore;
  • se la sentenza di condanna ha per contenuto l’adempimento di altra obbligazione, l’ipoteca si iscrive per la somma determinata dal creditore nella nota di iscrizione . Il creditore, quindi, può commisurare l’entità dell’ipoteca giudiziale non solo all’equivalente monetario dell’altra obbligazione ma anche al danno da minacciare al debitore. In questo caso, oltre ad assolvere alla funzione precedentemente citata, l’ipoteca assume il ruolo di misura coercitiva diretta a provocare l’adempimento da parte dell’obbligato;
  • a sostituire la prescrizione ordinaria (dieci anni) all’eventuale originaria prescrizione più breve (art. 2953 c.c.): tale articolo nulla dice in ordine all’applicabilità di tale principio anche alle sentenze di condanna generica e ai provvedimenti giudiziali aventi forma diversa dalla sentenza.
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