Due sono i problemi che continuamente si propongono:

  1. se soggetto attivo del reato sia solo la persona fisica o la persona giuridica.
  2. chi debba considerarsi il soggetto attivo dei reati commessi nell’attività delle persone giuridiche.

(1) Circa il primo problema, la moderna realtà giuridica offre opposte soluzioni:

  • le posizioni più drastiche sono nel senso di affermare la soggettività penale delle società, ricercando sanzioni penali appropriate, che non contraddicano il principio cardine della responsabilità penale personale, ed individuate in una tipologia di misure di sicurezza reali, che possano incidere (1) sull’elemento associativo, (2) sullo scopo e sull’oggetto della società, (3) sull’elemento organizzativo e (4) sulle cose o sul patrimonio della società.
  • un’altra dottrina propende per un potenziamento della responsabilità individuale degli amministratori e dei dirigenti, volta a spezzare la catena di solidarietà in cui prospera la criminalità societaria.

Per ovviare alla difficoltà di provare la colpevolezza dei reali autori della politica d’impresa, si propone di sancire nei confronti degli amministratori l’obbligo di impedire l’altrui fatto criminoso, la cui inosservanza dovrebbe dar luogo a responsabilità per concorso doloso omissivo.

Nel nostro ordinamento la soluzione si incentra sul principio costituzionale della responsabilità personale, quindi, l’opinione dominante, sebbene riconosca che sotto il profilo sociologico societas delinquere potest, sotto il profilo giuridico-costituzionale si oppone al superamento del principio societas puniri non potest. Esso, infatti, è il corollario del modo personalistico con cui anche la Costituzione ha inteso l’intero sistema dei principi costituzionali. In questo contesto, quindi operare una scissione tra soggetto, autore della condotta e soggetto della responsabilità porterebbe ad introdurre forme di responsabilità per fatto altrui.

L’irresponsabilità penale del persone giuridiche, in particolare, pur non essendo sancita da alcuna norma, è concordemente desunta:

  • dall’art. 197 co. 1 c.p. che, prevedendo a carico della persona giuridica un’obbligazione civile di garanzia per le pene pecuniarie dell’amministratore o del rappresentante insolvente, sta implicitamente a dimostrare l’irresponsabilità penale delle persone giuridiche.
  • dal fondarsi la responsabilità penale su requisiti fisico-psichici e il sistema sanzionatorio su sanzioni incidenti in larga parte sulla libertà personale, elementi questi incompatibili con soggetti che non sono persone fisiche.

Con l’innovativo d.lgs. n. 231 del 2001, attuativo della l. delega n. 300 del 2000, è stato introdotta la responsabilità degli enti da reato altrui, la cui disciplina:

  • è circoscritta agli enti con personalità giuridica e alle società ed associazioni anche prive di personalità non giuridica (escluso Stato, enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici ed enti esercenti funzioni costituzionali).
  • è limitata ai soli reati presupposto .
  • è circoscritta ai delitti commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente da persone che svolgono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente.
  • è fondata su una particolare forma di colpevolezza sui generis, ricorrente quando il reato commesso dall’organo o da un sottoposto sia espressione della politica aziendale o, quantomeno, derivi da colpevolezza di organizzazione.
  • è considerata come responsabilità autonoma, sussistendo essa anche nel caso di reato commesso da autore non identificato o non imputabile.
  • è sanzionata con una sanzione pecuniaria, con la confisca oppure con sanzioni interdittive.

(2) Circa il secondo problema, l’individuazione dei soggetti penalmente responsabili all’interno degli enti richiede la conciliazione, con l’inderogabile principio della responsabilità penale personale, del processo storico di sempre più accentuata spersonalizzazione dell’attività imprenditoriale. Si tratta, in particolare, di evitare sia la concentrazione verso l’alto della responsabilità, anche quando vi sia una corretta delega di funzioni, sia l’arbitraria concertazione verso il basso, che, attraverso la delega, porta a scaricare sul dipendente le responsabilità.

In materia si contrappongono:

  • le teorie formalistiche (superate) dell’aprioristica responsabilità del soggetto avente la (1) qualifica richiesta dalla norma (es. imprenditore), la (2) rappresentanza legale dell’ente oppure la (3) funzione di provvedere all’adempimento degli obblighi prescritti dalla legge penale.
  • le teorie della delega di funzioni, sviluppatesi sull’imperioso dato che ormai in tutte le imprese ed enti si ha il trasferimento di funzioni:
    • secondo la tesi sostanzialistica-formalistica, la delega libera da responsabilità il delegante, trasferendo al delegato anche la titolarità della stessa.
    • secondo un’altra tesi la delega non ha di per sé efficacia liberatoria, in quanto il delegante non può spogliarsi, con atto di autonomia privata, dei doveri sanciti dalla legge penale.

La giurisprudenza, ispirandosi alla prima tesi, riconosce efficacia liberatoria alla delega, purché essa sia effettiva, cioè caratterizzata dal (1) trasferimento delle funzioni in base a precise norme interne, dall’(2) accettazione volontaria da parte del delegato, dall’(3) idoneità professionale del delegato, dall’(4) autonomia decisionale del delegato, dalla (5) disponibilità dei mezzi necessari a tal fine da parte del delegato e dalla (6) non conoscenza da parte del delegane della violazione del delegato. Presenti tali condizioni, quindi, il delegante è liberato, sempre che non venga a conoscenza dell’inosservanza da parte del delegato.

Tuttavia, mentre la prima tesi viene accusata di concentrare la responsabilità verso il basso, la seconda rischia di svuotare la delegazione di quelle funzioni che rappresentano sempre più una necessità delle imprese e degli enti. Appare quindi del tutto auspicabile un intervento legislativo ordinatore.

Per quanto riguarda quanto meno la sicurezza del lavoro, il problema del soggetto responsabile trova la sua naturale collocazione e soluzione nell’ambito dell’istituto dell’obbligo di garanzia. Tale strumento consente una più efficace tutela dei lavoratori, in quanto porta ad affidare il controllo sulle fonti di pericolo a soggetti investiti di effettivi poteri impeditivi.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento