Una volta che abbiano conseguito la personalità giuridica, gli enti religiosi debbono iscriversi nel registro delle persone giuridiche (d.p.r. n. 361 del 2000). Tale iscrizione ha lo scopo di rendere conoscibili a terzi che contrattano con tali enti le norme che ne regolano il funzionamento e i poteri dei loro organi di rappresentanza. Che questo sia lo scopo della prevista iscrizione lo prova anche il fatto che la mancata iscrizione abbia come immediato effetto che l’ente ecclesiastico non iscritto non può concludere negozi giuridici. I contratti conclusi dall’ente ecclesiastico non iscritto sono da considerare efficaci ma annullabili, ad istanza dell’ente o dell’altro contraente.

L’autonomia nella gestione degli enti sembra essere stata accresciuta dall’intervenuta abrogazione dell’istituto dell’autorizzazione agli acquisti (l. n. 127 del 1997). L’abrogazione di tale istituto rappresenta una doverosa presa di coscienza della realtà economica del paese, in cui non ha più senso utilizzare un istituto che aveva come fine di evitare le immobilizzazioni e le accumulazioni della proprietà immobiliare nel patrimonio degli enti . Tale riforma ha sicuramente esaltato l’autonomia della gestione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, i quali sono comunque soggetti ai controlli previsti dalle norme confessionali: per quanto riguarda gli enti cattolici, infatti, l’art. 7 dell’Accordo di Villa Madama stabilisce che l’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico , formula questa che sancirebbe in modo in equivoco che tali controlli sono civilmente rilevanti

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