Il codice non prevede attenuanti speciali per l’omicidio doloso, ma due fattispecie autonome attenuate di tale delitto, l’infanticidio in condizioni di abbandono e l’omicidio del consenziente (la l. n. 442 del 1981 ha abolito il cosiddetto omicidio per causa di onore).

L’infanticidio in condizioni di abbandono materiale o morale (art. 578) consiste nel fatto de la madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto . Sotto il profilo storico criminologico esiste, per così dire, un rapporto di proporzione inversa tra infanticidio ed aborto poiché, richiedendo questo conoscenze anatomiche non possedute dalla maggior parte delle donne, l’infanticidio costituì il mezzo principale per rimediare ad una gravidanza indesiderata.

La causa sceleris continua a restare l’elemento differenziale dell’infanticidio rispetto all’omicidio:

  • il soggetto attivo è la madre (reato proprio);
  • l’oggetto materiale è:
    • nel feticidio, il proprio feto, ossia il prodotto del proprio concepimento e gestazione, pervenuto alla fase del parto, vivente e maturo per la vita extracorporea anche se non necessariamente vitale. Per il feticidio i limiti temporali sono il compimento della condotta durante il parto, ossia in quella fase di transizione intercorrente tra il momento del distacco del fatto dall’alveo materno (doglie del parto) e l’istante in cui il prodotto del concepimento acquisita vita autonoma;
    • nell’infanticidio, il proprio neonato, ossia il prodotto della gestazione uscita dal ventre materno, vivente e maturo per la vita extracorporea anche se non necessariamente vitale. Per l’infanticidio i limiti temporali sono il compimento della condotta immediatamente dopo il parto ;
    • circa l’elemento oggettivo si rinvia all’omicidio comune;
    • circa l’elemento soggettivo, l’attuale reato è a dolo generico, richiedendo l’art. 578:
      • la conoscente volontà di cagionare la morte del feto, durante il parto, o del proprio neonato, immediatamente dopo il parto;
      • la coscienza del movente determinante, ossia di essere determinato al fatto dalle condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto.

L’elemento caratterizzante della suddetta causa sceleris attiene alla colpevolezza, in quanto le condizioni di abbandono, pur rappresentando un dato oggettivo, incidono sul grado di colpevolezza della partoriente (cosiddetto elemento obiettivo di colpevolezza).

Circa il concorso di persone, l’art. 578 co. 2, in deroga al principio dell’art. 110, stabilisce che:

  • a coloro che concorrono nel fatto si applica la reclusione non inferiore ad anni 21 (pena per omicidio doloso);
  • se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da 1/3 a 2/3. Tale attenuazione di pena viene fortemente criticata:
    • per essere un trattamento troppo severo: il suddetto concorrente, condividendo anche la situazione psicologica della madre, dovrebbe essere sottoposto a identica pena;
    • per essere un trattamento troppo mite: non si ritiene ragionevole sottrarre alla pena dell’omicidio comune tale concorrente che, essendo normalmente persona vicina alla donna, è anche colui che le ha negato la propria assistenza.

Non si applicano le aggravanti previste dall’art. 61 (co. 3), elemento anch’esso fortemente criticato e imputabile a mera sciatteria legislativa.

L’omicidio del consenziente (art. 579) consiste nel fatto di chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui . La ratio benevolentiae di tale delitto va individuata nella minore gravità del fatto: mentre l’omicidio comune offende il duplice bene dell’indisponibilità della vita e della libera volontà del soggetto, l’omicidio del consenziente offende soltanto il bene indisponibile della vita (cosiddetto suicidio per mano altrui):

  • circa l’elemento oggettivosi rinvia all’omicidio comune, soffermandosi soltanto sul presupposto del consenso, il quale per svolgere la sua funzione attentatrice, deve essere:
    • personale, non essendo ammessa rappresentanza volontaria o legale;
    • reale, ossia effettivamente prestato, dovendosi trattare di consenso serio, in equivoco e non essendo ammessi consensi presunti;
    • specifico, ossia avente per oggetto la proprio uccisione e non altro evento;
    • attuale, ossia prestato e persistente al momento della condotta omicida e quindi non revocato.

Per la rilevanza del consenso l’art. 579 co. 3 richiede che esso sia qualificato:

  • sotto il profilo della capacità di intendere e di volere del consenziente che, al momento di consentire, deve essere persona non minore degli anni diciotto o non in condizioni di infermità di mente o di deficienza psichica;
  • sotto il profilo della libertà personale e della spontaneità del consenso, dovendo esso essere libero dai vizi della violenza, minaccia, inganno o suggestione;
  • circa l’elemento soggettivo, il delitto è al dolo generico, richiedendo l’art. 579:
    • la coscienza e la volontà di cagionare la morte di un uomo;
    • la consapevolezza del consenso della vittima. In caso di errore sul consenso si applica l’art. 575 sia nel caso di erronea supposizione dell’esistenza del consenso sia nel caso di erronea convinzione della sua inesistenza.

In base al principio dell’indisponibilità della vita umana, il motivo dell’omicidio è irrilevante ai fini non solo discriminanti ma anche soltanto scusanti. Anche l’eutanasia pietosa, pertanto, costituisce omicidio, sempre che sia accertata l’esistenza del consenso coi requisiti sopraindicati.

Trattamento sanzionatorio:

  • l’infanticidio in condizioni di abbandono è punito di ufficio con la reclusione da 4 a 12 anni;
  • l’omicidio del consenziente è punito di ufficio con la reclusione da 6 a 15 anni.
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