Il regime giuridico delle prove

Il processo internazionale è condizionato dal principio dispositivo: ex articolo 53 dello statuto le domande devono essere provate in fatto e in diritto, stante un principio generale di libertà dei mezzi di prova per cui esiste un’ampia discrezionalità della corte nello stabilire l’ammissibilità e il grado di valutazione delle prove nel processo (anche se non possono essere raccolte prove con mezzi coercitivi né è ammesso il sistema anglosassone del discovery, cioè l’intimazione di una parte all’altra ad esibire una determinata prova). La corte dispone discrezionalmente l’ordine di esibizione delle prove e si verifica l’inversione dell’onere probatorio se lo Stato convenuto intenda eccepire circostanze esimenti l’illecito.

I fatti controversi devono essere accertati in contraddittorio tra le parti, ex articolo 49 dello statuto, la corte può chiedere alle parti di esibire una determinata prova dare per acquisito il fatto provato dall’istante in assenza di reazione della controparte.

Nel diritto internazionale manca un regime di prova legale, ma esistono delle presunzioni iuris tantum (rimovibili con l’inversione dell’onere della prova). Ad esempio l’ “estoppel” in base al quale il giudice internazionale può tutelare il soggetto che fa legittimo affidamento sul precedente atteggiamento tenuto dalla controparte; o le presunzioni di fatto (come quella in base alla quale il giudice internazionale ritiene che l’attività illecita nel mare territoriale è attribuibile allo stato costiero in ragione del controllo che questi vi esercita).

Si assume un criterio di proporzionalità tra l’entità della violazione o del danno prospettato e l’onere probatorio, e lo stato può essere condannato soltanto al di là di ogni ragionevole dubbio. Il giudice internazionale deve conoscere l’ufficio il diritto applicabile alla situazione controversa su cui fondare la propria decisione ( iura novit curia), ma alla collaborazione delle parti all’attività di accertamento del diritto è fortemente favorita. Il giudice non può applicare la norma Patrizia se questa contrasta con norme integrative di diritto interno e non può, se non in casi eccezionali, procedere ad un non liquet.

 

I provvedimenti cautelari

A norma dell’art. 41.1 del suo statuto , ”la corte (di Giustizia) ha il potere di indicare, ove ritenga che le circostanze lo richiedano, le misure cautelari che debbano essere prese a salvaguardia dei diritti rispettivi di ciascuna parte”.

Le misure cautelari adottate dalla corte hanno natura vincolante. Questo strumento è stato usato dalla corte con una certa frequenza anche in assenza di istanza di parte, fermi alcuni presupposti, tra cui innanzi tutto l’ urgenza di provvedere. La misura cautela. Per altro verso, non può essere tale da pregiudicare il merito della causa. Così ad esempio nel caso dell’incidente di lockerbie, la corte negò alla Libia le misure cautelari richieste, poiché “avrebbero probabilmente pregiudicato i diritti prima facie spettanti al regno unito in forza della risoluzione del consiglio di sicurezza”.

Di rilievo appare un aspetto riguardante le misure cautelari, e cioè ce la loro adozione può prescindere dalla preventiva definizione di questioni pregiudiziali, quali la stessa accettazione della giurisdizione della corte da parte degli stati. Al riguardo si è osservato che tale orientamento giurisprudenziale rischia di porsi in contrasto col principio del necessario consenso degli stati ad assoggettarsi al giudizio della corte. Peraltro non è dubbia l’ opportunità di tale orientamento allo stato attuale del diritto internazionale specie in presenza di sempre più frequenti casi nei quali l’ esito del giudizio di merito potrebbe rivelarsi in definitiva inefficace, come può avvenire allorché si tratti di tutelare l’ ambiente o i diritti i umani.

 

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