Dal momento che la tutela cautelare si fonda sulla probabilità, si ha un alto rischio che il giudizio effettuato a livello di cognizione sommaria si ribalti a livello di cognizione piena e che l’esecuzione di misure cautelari sia fonte di danno ingiusto a carico del destinatario passivo del provvedimento cautelare. Parallelamente all’introduzione delle prime forme di tutela cautelare, quindi, è stato introdotto l’istituto delle cauzioni (art. 669 undecies) le quali danno al giudice la possibilità di apprestare in sede cautelare una contromisura destinata a funzionare nel caso che il provvedimento principale sia sfavorevole al richiedente . Lo strumento delle cauzioni, tuttavia, coordinato alla responsabilità aggravata ex art. 96, può concretamente operare solo in presenza di due condizioni:

  • le misure cautelari devono essere poste a tutela di diritti prevalentemente patrimoniali, dal momento che il risarcimento del danno non tutela sufficientemente diritti di diversa natura;
  • il soggetto che chiede la misura cautelare deve essere un soggetto abbiente, perché in caso contrario risulta impossibilitato a prestare la cauzione.

A detta di Proto Pisani, la pericolosità data dall’eventuale irreversibilità degli effetti del provvedimento cautelare deve influire sul giudice nel seguente modo:

  • deve stimolare il giudice a ridurre la sommarietà delle cognizione di punto di fumus boni iuris, allo scopo di limitare di fatto la possibilità di ribaltamento del giudizio nel processo a cognizione piena;
  • qualora sia richiesta una misura cautelare atipica, deve spingere il giudice a valutare comparativamente il danno che subirebbe l’istante dalla mancata concessione del provvedimento cautelare ed il danno che subirebbe la controparte dalla sua concessione.
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