Ipotesi di sospensione del rapporto. L’art. 2110 cc. sancisce che nel ca­so dell’impossibilità della prestazione di lavoro per malattia, infortunio, gravidanza, puerperio – e per richiamo alle armi – il datore di lavoro, oltre a non poter re­cedere, se non per giusta causa, è tenuto egualmente al pagamento della retribuzione o di un’indennità sostitutiva se non sono previste forme so­stitutive di tutela previdenziale.

Da tale disposizione si desume an­zitutto una deroga al principio del rischio contrattuale enunciato dall’art. 1463 cc. in base al quale nei rapporti a prestazioni corrispettive quando si verifica l’impossibilità della prestazione di una delle due parti, l’altra non è tenuta ad adempiere la propria prestazione.

Tutela del datore. La deroga alla regola del rischio contrattuale com­porta altresì che la tutela previdenziale, se prevista, ha ad oggetto interessi del datore, in quanto in caso di mancanza lo stesso datore dovrebbe paga­re la retribuzione o un’indennità sostitutiva.

La malattia, compresa la tubercolosi

Per malattia si intende non soltanto quella che materialmente impedisca lo svolgimento della prestazione, ma anche la semplice esigenza di cure, per evitare aggra­vamenti, o anche l’esigenza di accertamenti diagnostici che non possano essere effettuati in orario esterno; essa è comunque tale da impedire, nella maggio­ranza dei casi, il godimento delle ferie, con eventuale prova contraria a carico del datore.

Rientrano, altresì, le malattie psichiche, tra le quali anche quelle, come una sindrome ansiogena-depressiva, che richie­dono trattamenti anche da parte di psico-terapeutici non medici che ancora non possono rilasciare la relativa la certi­ficazione.

Nel concetto ampio di malattia rientrano anche le cu­re termali, che sono dirette, se non a fini immediatamente curativi, come nel caso della riabilitazione, a fini preventivi; anche nel caso in cui le cure termali possano essere differite senza danno per la salute del la­voratore, si dovrebbe escludere la coincidenza con le ferie in quanto le cu­re impediscono quella piena vita familiare e relazionale che le ferie do­vrebbero garantire.

Importo, durata e pagamento dell’indennità previdenziale. I primi tre giorni di malattia sono interamente a carico del datore. Successivamente ai lavoratori spetta dall’Inps, o da altro ente competente per categorie spe­ciali, insieme agli assegni al nucleo familiare, se ne sussistono i requisiti, un’indennità del 50% della retribuzione per i primi venti giorni e del 66% per i successivi giorni fino al massimo di 180 nell’arco di un anno solare. Il datore è tenuto ad anticipare l’indennità a carico dell’ente previdenziale, per poi trattenerla, con l’operazione di conguaglio, sugli importi dovuti per i con­tributi.

Trattamento ulteriore e contribuzione figurativa. I contratti collettivi stabiliscono un ulteriore trattamento a carico del datore di lavoro, fino a raggiungere tendenzialmente il 100% della retribuzione. Durante le as­senze opera la contribuzione figurativa al 100% della retribuzione media globale giornaliera per i primi dodici mesi ed al 50% per il periodo suc­cessivo. Se il trattamento previsto dai contratti collettivi dovesse essere non in­tegrativo ma sostitutivo e migliorativo di quello previsto dalla legge, il da­tore non sarebbe tenuto al versamento dei relativi contributi.

Il periodo di comporto. La durata della malattia non può superare il periodo di comporto previsto dallo stesso contratto collettivo o, in man­canza, dagli usi o dall’equità; Nel caso in cui i contratti collettivi dovessero stabilire una decurtazione della retribuzione dopo il periodo di comporto, il giudice potrebbe integrare l’indennità con deter­minazione equitativa; quest’ultima potrebbe aversi, in mancanza di con­tratti collettivi, anche nel caso di comporto improprio, che ricorre quando la durata della malattia è discontinua.

Comunicazione e documentazione. Nel caso di malattia, il lavoratore deve avvertire il giorno stesso dell’assenza il datore ed inviare il certificato medico entro due giorni dal rilascio dello stesso, con la specificazione dell’inizio e della durata della malattia. Al datore deve essere inviata soltanto la diagnosi, a tutela della privacy del lavoratore; all’ente previdenziale an­che la prognosi.

Il datore può chiedere una visita di controllo nello stesso giorno dell’assenza anche da parte di personale non medico; a seguito della certificazione medica esibita dal presta­tore il datore può chiedere le visite di controllo da parte dei medici degli enti previdenziali o delle ASL.

Reperibilità. Il lavoratore deve farsi trovare in casa nelle fasce orarie stabilite mediante convenzioni tra enti previdenziali ed ASL; fasce che normalmente sono quelle delle 10-12 e delle 17-19. Nel caso d’irreperibi­lità egli perde il trattamento di malattia, non soltanto quello a carico del­l’ente previdenziale, ma anche il trattamento a carico del datore. Dopo i dieci giorni, sulla base di una successiva visita senza risultato, il lavoratore perde la metà del trattamento economico (art. 5 commi lO e 15 L. 638/1983).

La tubercolosi. Una portata più ampia ha la tutela contro la tubercolo­si, che non soltanto fa sorgere il diritto dei lavoratori al trattamento di malattia, ma garantisce uno speciale trattamento economico a favore del lavoratore e dei familiari sia per il periodo di ricovero in sanatorio sia per il periodo successivo (L. 1088/1970); è previsto anche un periodo di comporto superiore a quello ordinario, anche ai fini della preclusione del recesso del datore di lavoro (art. l0 L. 419/1975).

 

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