Nel nostro ordinamento si è affermato progressivamente il principio della cosiddetta traslazione sul datore del rischio dell’inattività del prestatore nei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione per “cause fortuite o di forza maggiore attinenti alla persona del lavoratore”. Mentre per la prestazione del datore (pecuniaria), l’impossibilità è rigorosamente oggettiva (eccezionale), l’impossibilità della prestazione del lavoratore (infungibile), può essere determinata da un fatto non imputabile al lavoratore stesso (un impedimento o un’incapacità personale), fino all’estinzione dell’obbligazione (per impossibilità oggettiva sopravvenuta).

Queste condizioni porterebbero all’esonero del lavoratore dall’obbligo della prestazione e dalla responsabilità per inadempimento e alla liberazione del datore dall’obbligazione reciproca di retribuzione (“cioè se questo si fa male non lavora e non lo paghi”). Invece ciò non accade, in virtù del principio della traslazione del rischio che trova esplicita enunciazione negli artt. 2110, 2111 c.c. i quali dispongono la sospensione del rapporto di lavoro nelle ipotesi di impossibilità temporanea relative a:

Infortunio

Malattia

Gravidanza

Servizio militare obbligatorio

Puerperio

Adempimento dei doveri costituzionali relativi alle pubbliche funzioni elettive

Cariche sindacali, nazionali e provinciali

Operazioni elettorali

Stato di tossicodipendenza

Permessi per la formazione

Queste norme tutelano il lavoratore, da un lato,c on la conservazione della retribuzione, dall’altro, con la sospensione della prestazione e la conservazione del posto di lavoro, con il conseguente divieto di licenziamento per il periodo stabilito. Si tratta del cosiddetto periodo di irrecedibilità (art. 1463 cc.), periodo in cui il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro (detto di comporto con specifico riguardo alla malattia ed all’infortunio) . Il licenziamento intimato durante tale periodo viene ritenuto non nullo ma temporaneamente inefficace. Trascorso tale periodo, il datore di lavoro si trova nell’alternativa tra la conservazione volontaria (senza retribuzione) ed il recesso dal contratto.

In linea generale se l’impossibilità sopravvenuta non imputabile al lavoratore è definitiva, ciò comporta l’estinzione dell’obbligazione; se è temporanea il lavoratore non è responsabile del ritardo e l’obbligazione è sospesa. L’estinzione non è automatica. Una volta trascorso il periodo di conservazione del posto di lavoro sarà il datore a manifestare la sua volontà di recesso o meno.

 

 

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