Nei limiti in cui non trova compiuta applicazione il principio dell’automaticità delle prestazioni, e il datore di lavoro e anche responsabile nei confronti del lavoratore del danno che a questo sia derivato dalla mancata o irregolare contribuzione previdenziale ( art. 2116, 2 comma cc).

Responsabilità che deriva dalla violazione del diritto soggettivo del lavoratore alla posizione contributiva. Questa viene configurata come entità patrimoniale. come un bene giuridico produttivo di effetti economici, la cui lesione concretizza un danno certo, suscettibile di immediato risarcimento. E infatti, il lavoratore, a ragione del divieto di versare contributi prescritti, può subire un danno.

Danno che può derivare dal fatto che l’accreditamento a suo favore di un certo numero di contributi costituisce, uno dei requisiti soggettivi richiesti per il perfezionamento del diritto alla pensione e dal fatto che la retribuzione, o la contribuzione versata costituiscono la base di calcolo per determinare l’ammontare delle pensioni sul quale influisce l’omessa o irregolare contribuzione.

Il diritto risarcimento dei danni per omessa o irregolare contribuzione è riconosciuto anche superstiti del lavoratore.

La giurisprudenza della corte di cassazione ritiene che lavoratore possa far valere le sue ragioni esercitando due azioni:

a) trova fondamento nell’art. 2116 cc e ha ad oggetto il risarcimento dei danni. Azione esperibile nel momento in cui l’ente previdenziale ha verificato le prestazioni o le abbia concesse in misura minore di quella dovuta per effetto del mancato o irregolare versamento dei contributi previdenziali dovuti. Il termine di prescrizione di questa azione è di dieci anni dalla data del provvedimento di rifiuto della pensione o di quello che la determina in misura inferiore di quella dovuta.

b) deriva dalla lesione del diritto del lavoratore alla sua posizione contributiva. Azione che non solo sarebbe esperibile sin dal momento in cui si è verificata l’ omissione contributiva, ma sarebbe anche imprescrittibile. Questa azione può avere ad oggetto la condanna del datore di lavoro ad adempiere l’obbligazione contributiva non ancora prescritta nei confronti dell’ente previdenziale che però deve essere chiamato in giudizio in quanto unico legittimato a far valere il credito contributivo. Ove quest’ultimo sia prescritto, l’azione non potrà avere altro oggetto che il risarcimento del danno.

La legge prevede una liquidazione in forma specifica del danno derivante da omessa o irregolare contribuzione previdenziale.

La costituzione della rendita avviene con il pagamento all’ente previdenziale di un capitale corrispondente alla riserva matematica necessaria per erogare le prestazioni che sarebbero state dovute e se non si fosse verificata l’omissione contributiva. Ne consegue che il versamento di quel capitale comporta la regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore.

Il rapporto di lavoro deve risultare da documentazione di data certa.

Il lavoratore, quando non possa ottenere la costituzione della rendita dal datore di lavoro, può sostituirsi a quest’ultimo.

La giurisprudenza della corte di cassazione ammette anche che il lavoratore possa chiedere al giudice la condanna del datore di lavoro alla costituzione della rendita.

 

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