I grandi sindacati in Italia hanno una struttura confederale, sono cioè confederazioni, ossia associazioni intercategoriali che riuniscono a livello nazionale le rispettive associazioni nazionali delle diverse categorie merceologiche, dette federazioni. Ad esempio, la Cigl, la Cisl, e la Uil, sono confederazioni che riuniscono al proprio interno le federazioni dei sindacati, dei metalmeccanici, dei chimici, degli edili, ed altri ancora.
Le confederazioni sindacali operano essenzialmente per mezzo degli accordi interconfederali: si tratta di accordi che non regolano direttamente il rapporto di lavoro, bensì dettano regole comuni a tutte le associazioni e rappresentanze per lo svolgimento delle trattative negoziali.
Esiste anche una struttura intercategoriale territoriale, di rilevanza minore. Ad esempio, la struttura territoriale della Cigil è la Camera del Lavoro (mentre per la Cisl vi è l’Unione sindacale territoriale, e per la Uil la Camera sindacale). Tali strutture riuniscono i sindacati provinciali delle diverse categorie merceologiche in ambito provinciale.
I sindacati di categoria riuniscono i lavoratori per ramo di industria, prendendo come riferimento organizzativo lo specifico settore produttivo. Tale distinzione per categorie o settori della produzione, peraltro, caratterizzava anche il periodo corporativo: tuttavia, nel nostro ordinamento, il sindacato preesiste alla categoria, nel senso che le categorie non sono imposte dal legislatore ma sono liberamente determinate dall’autonomia collettiva.
I sindacati nazionali delle diverse categorie, a loro volta, sono associazioni di associazioni, e cioè riuniscono al proprio interno i sindacati regionali, e questi a loro volta riuniscono i sindacati provinciali di una stessa categoria.
Diversamente dal sindacato di categoria, il sindacato di mestiere ha come punto di riferimento non l’attività produttiva svolta dalla singola impresa, bensì l’attività lavorativa prestata dai singoli lavoratori. Il sindacato di mestiere realizza forme di solidarietà collettiva limitate agli interessi che svolgono una determinata o un insieme di mansioni omogenee. Il ramo di industria, invece, è un criterio di aggregazione che soddisfa solidarietà assai più ampie, poiché raggruppa tutti i lavoratori di un determinato settore produttivo, a prescindere dalle mansioni.
L’organizzazione sindacale in azienda ed i contratti collettivi aziendali. Le rappresentanze sindacali aziendali.
In Italia, il sindacato esterno all’azienda ha avuto una struttura essenzialmente a base associativa, mentre in azienda ha sempre avuto una struttura non associativa. La struttura sindacale aziendale, pur conservando stretti collegamenti con i sindacati esterni, si forma tendenzialmente su base elettorale, rappresentando quindi tutti i lavoratori dell’azienda, iscritti e non iscritti, a differenza del sindacato associazione.
La commissione interna rappresenta sicuramente l’espressione più antica di questo tipo di rappresentanza non associativa. La sua istituzione risale ai primi del Novecento, essendo stata regolata per la prima volta da un accordo tra la Fiom e la fabbrica ITALIA. La Commissione interna era un organismo sindacale di matrice aziendale, costituito da un determinato numero di seggi commisurato al numero dei dipendenti dell’azienda. I saggi erano ripartiti tra le liste in misura proporzionale ai voti conseguiti.
Nel periodo dell’autunno caldo sindacale (anni 1968-69), la commissione interna non fu più in grado di accogliere e convogliare la forte domanda di partecipazione della base dei lavoratori.
Proprio nell’ottica di una maggiore apertura del sindacato nei confronti dei lavoratori non iscritti, furono introdotte nuove strutture sindacali di tipo elettorale: i delegati, ed il consiglio dei delegati. Il delegato non doveva necessariamente essere iscritto al sindacato e rappresentava gli interessi soltanto dei lavoratori di un determinato gruppo omogeneo dell’azienda (ad esempio un reparto). I delegati dei vari reparti di una determinata azienda costituivano il consiglio dei delegati o di fabbrica, organismo non associativo che non ebbe mai una regolazione legislativa.
L’art.19 St. Lav. dispone che possono essere costituite rappresentanze sindacali aziendali ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva:
- Possono avere forma associativa e non associativa; inoltre, un’unica r.s.a. può far capo ad una pluralità di sindacati. Gli elementi caratterizzanti della r.s.a. sono l’iniziativa dei lavoratori (iniziativa effettiva) e l’ambito sindacale: occorre cioè che vi sia un collegamento, un riconoscimento da parte del sindacato, riconoscimento che generalmente si traduce nella nomina.
- La s.a. deve essere istituita in ogni unità produttiva. L’unità è individuata ai sensi dell’art.35 St. Lav in ogni sede, stabilimento, ufficio o reparto che occupi più di quindici dipendenti (cinque se si tratta di impresa agricola).
- La s.a. rappresenta e tutela solamente i lavoratori iscritti ad una determinata organizzazione sindacale. I componenti infatti sono eletti dagli iscritti ad un determinato sindacato.
- Fino all’accordo interconfederale del 1993, le r.s.a. sono state titolari delle libertà sindacali di cui al titolo III St.Lav., nonché della contrattazione collettiva. Oggi queste attività sono affidate alle rappresentanze sindacali unitarie, di cui si parla nel prossimo paragrafo
Le rappresentanze sindacali unitarie (r.s.u.) |
Con l’accordo interconfederale del 1993 sono state istituite le rappresentanze sindacali unitarie. L’accordo stabilisce che le organizzazioni sindacali firmatarie o che vi aderiscano successivamente acquistano il diritto di promuovere la costituzione delle r.s.u. nonché il diritto a partecipare alle elezioni, rinunziando formalmente ed espressamente alla costituzione di r.s.a.
I componenti delle seconde sono eletti da lavoratori occupati presso l’unità produttiva, a prescindere dal fatto che siano iscritti o meno al sindacato: in sostanza, il mandato elettorale delle r.s.u. evoca la rappresentanza politica ed istituisce un collegamento tra componente eletto e lavoratori elettori. In base all’Accordo del 1993, soltanto i due terzi dei seggi venivano ripartiti fra le varie liste sindacali in proporzione del numero di voti conseguiti: il residuo dei seggi, il cosiddetto terzo riservato, era assegnato obbligatoriamente alle liste presentate dai sindacati firmatari dell’accordo (CGL; CISL; UIL; Confindustria).
Nel 2014 vede la luce il Testo Unico sulla Rappresentanza. Questo supera la previsione del terzo dei seggi riservato alle associazioni sindacali firmatarie: alla costituzione della r.s.u. si procede, quindi, mediante un’elezione a suffragio universale. Il numero dei seggi viene ripartito secondo il criterio proporzionale in relazione ai voti conseguiti dalle singole liste concorrenti: in tal modo alle “nuove” r.s.u. viene garantita una più genuina base elettorale, essendo interamente elette sulla base delle preferenze indicate dai lavoratori all’interno delle liste presentate dai sindacati legittimati. Le elezioni sono valide se ad esse partecipa il 50% più uno dei lavoratori dell’azienda aventi diritto. Tuttavia si consente alla commissione elettorale di considerare valide le elezioni anche se il quorum non è raggiunto in relazione alla situazione venutasi a determinare.
Le r.s.u. succedono alle r.s.a. nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali del titolo III dello Statuto dei Lavoratori, nonché nella titolarità dei poteri e delle funzioni, anche contrattuali. La durata del mandato è triennale e non sono consentite proroghe. Pertanto le r.s.u. decadono automaticamente allo scadere del termine. Per l’ipotesi di cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente, il cosiddetto cambio di casacca, si prevede la decadenza della carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.
La rilevanza del principio della maggioranza come criterio di funzionamento dell’organo implica il riconoscimento della natura collegiale della r.s.u., confermata dalla regola secondo la quale le decisioni si prendono a maggioranza. La natura collegiale dell’organismo rende necessaria la distinzione tra diritti sindacali a gestione individuale (come i permessi) da quelli a gestione collettiva (come l’assemblea): i primi sono attribuiti ai singoli componenti delle r.s.u., mentre i secondi sono assegnati alla r.s.u. in quanto organo collegiale.