L’ambito di applicazione della tutela delle malattie professionale è ancora più ristretto di quello degli infortuni sul lavoro.

Tale tutela, da un lato è accessoria rispetto a quest’ultima in quanto si estende soltanto agli addetti a lavorazioni comprese tra quelle alle quali si applica la tutela per gli infortuni. Dall’altro, le malattie professionali davano diritto a prestazioni previdenziali solo in quanto fossero state comprese negli appositi elenchi aventi carattere tassativo e fossero state contratte nell’esercizio e a causa delle specifiche lavorazioni, anch’esse tassativamente indicate dalla legge. Tuttavia la giurisprudenza ha sempre sostenuto che la tassatività dell’elenco ne consentisse un’interpretazione estensiva. Quindi sono da ritenere implicitamente incluse nell’elenco anche le malattie contratte in lavorazioni non previste, ma caratterizzate dall’identità dei contenuti essenziali riscontrabili in queste ultime.

Attualmente l’elenco delle malattie professionali per l’industria ne comprende 58, mentre quello dell’agricoltura ne comprende 27.

La tabella è aggiornata periodicamente e, per agevolare l’aggiornamento è istituito il registro nazionale delle malattie causate dal lavoro o ad esse correlate.

I criteri in base ai quali la legge definisce l’ambito dell’estensione della tutela appaiono legati alla concezione del rischio professionale, sia perché richiedono un nesso causale diretto tra il lavoro e la malattia, sia perché comportano una rigorosa definizione delle lavorazioni ritenute pericolose.

Tuttavia il ricorso a tali criteri era in contrasto i principi accolti dalla Costituzione. Anzi, per le malattie professionali il contrasto era ancora più evidente proprio perché anche la scienza medica tende ormai a ritenere superato ogni tentativo di individuare singole materie professionali, e cioè malattie che possono essere contratte soltanto nell’esercizio e a causa di una determinata lavorazione, mentre si avvia alla formulazione di un unico concetto di malattia da lavoro, ricomprendente, in modo più aderente alla realtà, tutte le alterazioni psicofisiche che trovano nel lavoro la loro genesi.

In questo quadro la Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità delle norme che limitavano la tutela delle malattie professionali a quelle indicate tassativamente nelle tabelle. Ne consegue che anche malattie non ricomprese nella tabella danno luogo alla tutela previdenziale a seconda che venga provato che si sono verificate a causa del lavoro prestato da chi ne è stato colpito. Da qui deriva l’attuale sistema cosiddetto misto, in base al quale alcune malattie danno luogo alla tutela senza che sussiste per il lavoratore l’onere di provare che sono state causate dall’attività lavorativa svolta; quelle non tabellate invece danno luogo a tutela solo se il lavoratore prova che sono state causate dall’attività di lavoro.

Anche al fine di agevolare questa prova, è previsto che nell’elenco di malattie professionali denunciate dai medici che ne riconoscono l’esistenza, siano inserite anche liste di malattie di probabile e possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali.

Infine, la Corte Costituzionale ha rimosso le limitazioni della tutela che derivano dalla regola secondo la quale le prestazioni erano dovute soltanto quando la malattia professionale si fosse manifestata entro un determinato periodo di tempo dall’abbandono delle lavorazioni considerate morbigene. Il diritto alle prestazioni previdenziali economiche sorge soltanto quando la riduzione permanente della capacità lavorativa è superiore al 10%.

 

Lascia un commento