Segreto professionale
Alcuni testimoni con determinate qualifiche di tipo privatistico (professionisti qualificati ex art. 200) hanno la possibilità di non rispondere a determinate domande quando la risposta comporti la violazione dell’obbligo del segreto professionale. Il professionista comune, al contrario, ha l’obbligo di deporre nel processo penale anche se al di fuori di questo è tenuto al segreto professionale (art. 622 c.p.).
I professionisti qualificati, in particolare, hanno il potere-dovere di rifiutarsi di rispondere alla singola domanda che li induca a narrare un fatto segreto appreso nell’esercizio della loro professione, quando da esso rischi di derivarne un pregiudizio per un cliente. Se il professionista depone comunque su un fatto di questo tipo, egli, non potendo invocare la giusta causa ex art. 622 c.p., risponde di violazione del segreto professionale. Il segreto professionale (qualificato), quindi, coinvolgendo interessi di rilievo costituzionale (es. interesse alla salute ex art. 32), prevale sull’interesse della Giustizia ad accertare i fatti.
L’art. 200, comunque, precisa che il professionista qualificato non deve avere un obbligo giuridico di riferire il fatto all’autorità giudiziaria (es. medico obbligato al referto). In tal caso, infatti, la rivelazione di quanto ha appreso non costituisce delitto di rivelazione del segreto professionale quanto piuttosto una giusta causa ex art. 622.
Professionisti qualificati
I professioni qualificati ai sensi dell’art. 200 co. 1 sono:
a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano (es. segreto imposto al sacerdote dal sacramento della confessione);
b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre (es. consulenti del lavoro in forza della l. n. 12 del 1979, commercialisti in forza della l. n. 507 del 1987);
Quanto uno di tali professionisti qualificati eccepisce il segreto, il giudice deve provvedere agli accertamenti necessari: se ritiene fondata l’eccezione rispetta la possibilità di tacere, viceversa, se la ritiene infondata, ordina al testimone di deporre (co. 2).
Il segreto professionale è esteso ai giornalisti con alcuni limiti (co. 3):
- tale segreto può essere mantenuto relativamente ai nomi delle persone dalle quali è stata appresa una notizia di carattere fiduciario nell’esercizio della professione;
- possono opporre tale segreto soltanto i giornalisti iscritti nell’albo professionale;
- il giornalista è comunque obbligato ad indicare la fonte delle sue informazioni quando le notizie sono indispensabili.
Qualora il giornalista possa conservare il segreto sulla fonte, la notizia non può essere utilizzata nel processo a causa del divieto che riguarda la testimonianza indiretta (art. 195 co. 7).