Illiceità, non illegittimità. Il regime obbligatorio, sancito dall’art.8 L. 604/1966, si applica, quando soltanto all’ipotesi del licenziamento ingiustificato, che è qualificato come valido ed efficace, ancorché illecito; tale regime appare contraddittorio in quanto dovrebbe essere valido ed efficace un atto giuridico che sia in contrasto con norma imperativa, quale il divieto di licenziamento ingiustificato sancito dall’ art. 3 L. 604/1966).
La riassunzione. In quanto valido ed efficace il licenziamento determina l’estinzione del rapporto, ed, infatti, il datore viene condannato alla riassunzione, ossia alla ricostituzione ex novo del rapporto.
L’indennità sostitutiva. Nel caso di mancata riassunzione nel termine di tre giorni – termine ordinatorio – il datore è tenuto al pagamento di un’indennità che va da un minimo di 2 mensilità e mezzo ad un massimo di 6 mensilità che salgono fino a dieci in caso di anzianità superiore a 10 anni e fino a 14 nel caso di anzianità superiore a 20 anni. L’indennità deve essere pagata, secondo la corte costituzionale (sent. 194/1970; 44/1996), non sempre seguita dalla giurisprudenza di cassazione, anche quando1 sia il prestatore di lavoro a rifiutare la riassunzione offerta dal datore.
Le ipotesi di nullità fuori della sfera dell’art.18 st.lv. Nelle ipotesi di licenziamento non ingiustificato, ma illegittimo ed inefficace, fuori dalla sfera di applicazione dell’art. 18 st.lv., opera il regime della nullità secondo il diritto comune; quest’ultimo comporta, oltre che il pagamento della retribuzione fino alla sentenza e del danno ulteriore, con sottrazione dell’aliunde, il risarcimento del danno per il periodo successivo alla sentenza, sempre che il lavoratore non chieda la continuazione del rapporto; il risarcimento del danno deve essere determinato in modo equitativo dal giudice (artt. 2056 e 1226 cc.), tenendo conto di quella che sarebbe stata la prevedibile durata del rapporto, in considerazione dell’età e di altri fattori.