Origine ed evoluzione

Una tutela contro gli infortuni sul lavoro fu prevista per la prima volta alla fine del XIX secolo. La legge 80 del 1898, impose ai datori di lavoro dell’industria l’obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile dei danni derivanti dagli infortuni sul lavoro di cui fossero rimasti vittima i loro operai, al fine di garantire questi ultimi contro l’ulteriore rischio dell’insolvenza del datore di lavoro, responsabile dell’infortunio. Si trattava di una vera e propria assicurazione che poteva essere stipulata da qualsiasi assicuratore, anche privato. La tutela era estesa anche agli infortuni derivanti dal caso fortuito, forza maggiore o cola non grave de lavoratore, il lavoratore infortunato quindi non doveva più provare, per aver diritto alla prestazione, che l’infortunio fosse derivato da colpa del datore di lavoro. Successivamente la tutela contro gli infortuni sul lavoro venne estesa ai lavoratori dell’agricoltura, ed ad essa si affiancò quella contro le malattie professionali. La tutela contro gli infortuni assunse caratteristiche pubblicistiche più nette, e se ne affidò la gestione a un ente pubblico, l’attuale Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro (INAIL).

I tratti pubblicistici vennero accentuati con il t.u. del 1935 n. 1935 che, da un lato ha introdotto il principio dell’automaticità delle prestazioni, per cui i lavoratori infortunati o affetti da malattia professionali hanno diritto alle prestazioni anche se il datore di lavoro non abbia adempiuto ai suoi obblighi e non abbia versato i contributi; dall’altro venne dato più cospicuo rilievo alle prestazioni sanitarie tendenti a conservare o a recuperare la capacità di lavoro dell’infortunato. Attualmente la fondamentale disciplina che regola la materia è contenuta nel t.u. 1124 del 1965, di recente modificato e integrato dal d.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, mentre la tutela sanitaria è regolata dalla legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale.

 

Il fondamento della tutela

Al momento della sua istituzione, il fondamento della tutela contro gli infortuni sul lavoro fu individuato nel principio del rischio professionale. I datori di lavoro che espongono il loro dipendenti al rischio dell’infortunio debbono sopportare anche, con il pagamento di premi, le conseguenze negative del verificarsi di quel rischio.

Durante il periodo corporativo, si continuò a ritenere che la tutela contro gli infortuni sul lavoro trovasse fondamento nel principio del rischio professionale, ritenuto compatibile con la logica della solidarietà corporativa, secondo cui la realizzazione della tutela previdenziale doveva restare affidata alle categorie interessate.

Il principio del rischio professionale forniva, e fornisce, un fondamento e una spiegazione che sono relativi. Da un lato la sua influenza è limitata alle ipotesi di infortunio non dovuto a colpa del datore di lavoro, posto che negli altri casi, quest’ultimo avrebbe dovuto comunque rispondere dei danni secondo il diritto comune. Dall’altro, il principio del rischio professionale non può fornire una giustificazione della tutela infortunistica in tutti quei casi in cui il soggetto protetto non è un lavoratore subordinato, perché in questo caso manca un datore di lavoro sul quale trasferire il rischio dell’infortunio.

In realtà il principio del rischio professionale corrisponde ad una concezione della tutela previdenziale ormai superata dai principi accolti nella Costituzione repubblicana. Questi comportano il riconoscimento di un diritto dei lavoratori a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, non diversamente come negli altri eventi considerati generatori di bisogno.

Nella prospettiva indicata dai principi costituzionali, il fondamento della tutela contro gli infortuni sul lavoro è espressione della solidarietà di tutta la collettività organizzata nello Stato a favore di chi si viene a trovare in situazione di bisogno; e la sua funzione non è più quella di risarcire un danno, ma quella eliminare le situazioni di bisogno che impediscono l’effettivo e il pieno godimento dei diritti civili e politici.

 

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