Il finanziamento delle forme di previdenza complementare avviene non soltanto con il conferimento del trattamento di fine rapporto, ma anche con il versamento di contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro o del committente. È stato stabilito che anche i contributi erogati dal datore di lavoro per il finanziamento della previdenza complementare, pur essendo esclusi dalla nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale, siano assoggettati ad un contributo di solidarietà nella misura ridotta del 10% a favore dei regimi previdenziali pubblici.
La previsione del contributo di solidarietà si pone in contrasto con l’obiettivo dello sviluppo della previdenza complementare, e trova giustificazione soltanto nell’esigenza di reperire ulteriori risorse per contrastare la crisi finanziaria delle gestioni pensionistiche pubbliche. In presenza di determinate condizioni ed entro certi limiti, l’iscritto alla previdenza complementare può richiedere anticipazioni ed esercitare la facoltà di riscatto della posizione individuale maturata. Inoltre, per favorire la concorrenza tra le diverse forme pensionistiche complementari, il lavoratore è libero di trasferire la posizione individuale maturata da un fondo pensione all’altro dopo appena due anni di iscrizione (cd. portabilità).
In questa ipotesi, però, l’eventuale contributo posto a carico del datore di lavoro dalla contrattazione collettiva che ha istituto il fondo pensione può essere trasferito soltanto “nei limiti e secondo le modalità” stabilite da quella stessa contrattazione. L’iscritto consegue il diritto alla prestazione pensionistica complementare quando matura i requisiti per avere diritto a pensione nel regime obbligatorio di appartenenza, purché esso abbia almeno 5 anni di contribuzione nelle forme di previdenza complementare. Le prestazioni pensionistiche possono essere erogate non soltanto sotto forma di rendita, ma anche sotto forma di capitale, sia pure fino ad un massimo del 50% del montante finale accumulato.
L’importo della pensione complementare è condizionato dall’andamento dei mercati finanziari, essendo costituito dal rendimento prodotto dall’investimento di tutti i contributi accreditati sul conto individuale dell’iscritto, compreso il trattamento di fine rapporto. La legge vieta ai fondi pensione la gestione diretta delle risorse, imponendo che essa venga affidata a soggetti esperti e specializzati, quali società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio, imprese assicurative. In questo modo, la previdenza complementare, oltre a svolgere la sua preminente funzione previdenziale, dovrebbe concorrere anche allo sviluppo dei mercati finanziari, e più in generale dell’intera economica, favorendo gli investimenti produttivi.
Ma proprio perché è fondata su logiche di mercato che potrebbero implicare rischi per il capitale investito, la legge ha previsto un rigido sistema di regole inderogabili e di sanzioni (penali e amministrative) sulla costituzione e l’attività dei fondi pensione, affidando il potere di controllo e di vigilanza ad una apposita authority (la COVIP), a sua volta vigilata dal Ministero del lavoro. Ancora inadeguate, invece, sono le forme di garanzia a salvaguardia delle prestazioni da erogare nell’ipotesi di insolvenza o di crisi del fondo pensione e/o dei gestori, ma anche nell’ipotesi di investimenti che abbiano vanificato, in tutto o in parte, il capitale versato.