L’integrazione tra le fonti sovranazionali e quelle nazionali – che opera tramite il sistema definito di multilevel governance (articolato su una pluralità di livelli e sul cui coordinamento esercita un ruolo fondamentale la giurisprudenza) – ha inciso, e incide, significativamente sull’ordinamento giuridico del lavoro degli stati membri. Però, la direzione in cui opera tale integrazione è tutt’altro che univoca.
In una prima fase, la Comunità aveva perseguito, nell’ambito delle proprie competenze, l’armonizzazione verso “l’alto” delle legislazioni nazionali, facendo ricorso a direttive dai contenuti sufficientemente precisi e imposti inderogabilmente, con lo scopo di eliminare fattori distorsivi della libera concorrenza o di affermare specifici diritti sociali. Il recepimento di tali direttive, in Italia, ha consentito di colmare vuoti di tutela all’epoca esistenti.
Tuttavia, il progressivo allargamento ad altri stati membri e la sempre maggiore differenziazione delle rispettive condizioni economico-sociali hanno determinato la crisi dell’azione di armonizzazione che era fondata sull’imposizione di puntuali obblighi giuridici (secondo la tecnica c.d. di hard law).
Correlativamente, nella seconda metà degli anni ’90, si è affermata una nuova e diversa tecnica di intervento sulle politiche sociali (c.d. di soft law), che è stata inaugurata proprio con la “strategia europea per l’occupazione” ed estesa, poi, anche ad altre aree tematiche, quali la povertà, la sicurezza sociale e l’esclusione sociale.
Questa tecnica di intervento si realizza mediante un “metodo aperto di coordinamento”, che è fondato sulla cooperazione tra istituzioni europee e stati membri, e dal quale derivano impegni essenzialmente politici (essendo privi di sanzione giuridica). Le direttive hanno avuto ad oggetto, prima, il miglioramento dell’ambiente di lavoro e l’istituzione dei “comitati aziendali europei”.
Inoltre, il metodo del dialogo sociale ha consentito l’emanazione di tre direttive in materia, rispettivamente, di congedi parentali, di rapporti di lavoro a tempo parziale, di rapporti di lavoro a tempo determinato. Particolare incidenza sull’evoluzione del diritto del lavoro italiano hanno avuto, poi, le direttive contro le discriminazioni. Tuttavia, dal 2003 la legislazione comunitaria in materia di lavoro ha subito un rallentamento, se non un arresto.
Le direttive emanate hanno avuto ad oggetto esclusivamente modifiche marginali, o meri aggiornamenti, o codificazioni, delle direttive vigenti. L’unica direttiva che ha riguardato un nuovo ambito, in precedenza non regolato, ha avuto ad oggetto il lavoro tramite agenzia interinale, e la sua approvazione si è resa possibile solo sulla base di un testo compromissorio che lascia notevoli spazi di adattamento da parte dei singoli stati membri.