Periodo di prova e contratto definitivo

La costituzione del rapporto di lavoro viene normalmente preceduta dal periodo di prova, predisposto da uno specifico patto. Il periodo di prova, regolato dall’art. 2096 cc, costituisce un rapporto transitorio, in attesa di trasformarsi in un rapporto di lavoro vero e proprio. La prova dovrebbe consentire a entrambe le parti di valutare la capacità contrattuale della altra, nonché al prestatore di ambientarsi nel posto di lavoro.

La forma, la durata, la disdetta

Il patto di prova richiede la forma scritta ad substantiam, con la conseguenza nel caso di mancanza, nella trasformazione del periodo di prova in un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La durata massima della prova del prestatore è di sei mesi; non è prevista una durata minima ma essa deve essere tale da consentire al prestatore di dimostrare le sue capacità professionali e contrattuali.

La disdetta del periodo di prova è consentita se l’esito della prova è negativo. Nel periodo di tempo della prova non può essere incluso, per contrasto con gli artt. 2096 e 2110 c.c., il periodo di malattia con conseguente nullità di ogni eventuale clausola contraria anche di un contratto collettivo.

Il periodo di prova è previsto anche nel rapporto di pubblico impiego, con regolamentazione rimessa ai contratti collettivi.

L’ invalidità del contratto definitivo: l’annullabilità

Il contratto di lavoro subordinato è assoggettato i requisiti per la validità previsti per ogni altro contratto. In più è prevista una speciale ipotesi di annullabilità per violazione delle norme sul collocamento: l’assunzione di lavoratori non iscritti nelle liste di collocamento o la mancata comunicazione dei rapporti davano luogo a un’ipotesi speciale di annullabilità del contratto che poteva essere fatta valere solo dal pubblico ministero, entro un anno dalla data di assunzione (art. 2098).

Le altre ipotesi di annullabilità sono l’errore, la violenza e il dolo.

E’ difficile che l’errore, essenziale e irriconoscibile ( art. 1427 cc) sia ravvisabile nella stipulazione di un contratto di lavoro, considerando che la volontà delle parti si desume dalle modalità di svolgimento della prestazione.

Il dolo potrebbe verificarsi non solo nei confronti del prestatore, ma anche nei confronti del datore e quando il lavoratore induca con raggiri o comportamenti analoghi il datore all’assunzione o un trattamento economico e normativo più favorevole di quello previsto dal contratto collettivo.

La violenza, consistente nella minaccia di un male ingiusto all’altro contraente, potrebbe aversi più facilmente nei confronti del datore, come nel caso del datore costretto ad assumere un lavoratore da parte di un’organizzazione criminale, a titolo di tangente.

La nullità

Tra le ipotesi di nullità assume scarsa rilevanza quella del contrasto con norme imperative (art. 1418 c.c.), in quanto nella maggior parte dei casi l’interattività consiste nell’inderogabilità in attivo e il lusso delle norme legislative e collettive, che dà luogo alla sostituzione automatica ex art. 1419 cc 2 co.

Scarsa rilevanza assume la mancanza di uno degli elementi essenziali (causa, oggetto, forma), poiché la forma non è richiesta ad substantiam, e l’esistenza degli altri elementi essenziali si desume dal comportamento concludente delle parti, cioè dallo stesso svolgimento della prestazione.

Potrebbe assumere rilevanza l’illiceità dell’oggetto o della causa. La prima si ha quando la prestazione lavorativa e in contrasto con norme imperative, con l’ordine pubblico o il buon costume (= attività illecita); la seconda si ha quando le finalità per cui il datore utilizza le energie lavorative sono illecite (attività lecita per fini illeciti).

 

Sanatoria speciale, salva l’illiceità della causa o dell’oggetto

L’invalidazione del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui rapporto ha avuto esecuzione ex art 2126 cc, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. Abbiamo un’ipotesi di sanatoria del contratto per il passato, con conseguente efficacia non è retroattiva della dichiarazione di nullità, in contrasto con il regime ordinario. La sanatoria riguarda l’intero contenuto del contratto.

 

L’ esercizio abusivo della professione

La sanatoria non opera nel caso della nullità per illiceità dell’oggetto o della causa. Nell’ illiceità dell’oggetto del contratto di lavoro rientra anche la prestazione professionale cui si è obbligato chi non ne era legittimato , a seguito di un esercizio abusivo della professione se l’esercizio di un’attività professionale avviene a seguito dell’assegnazione da parte del datore di mansioni professionali cui il lavoratore non sia abilitato (ad esempio quelle di farmacista), ne consegue l’inapplicabilità in favore del lavoratore della tutela economica e normativa per lo svolgimento di mansioni superiori.

Nel caso di prestazione svolta con violazione delle norme a tutela del lavoratore (es: lavoratore minorenne che non abbia adempiuto l’obbligo scolastico) non ricorre l’ipotesi dell’illiceità, e l’art. 2126 sancisce il diritto del lavoratore a ricevere la retribuzione per la prestazione svolta, salva la possibilità per il lavoratore di agire anche per il risarcimento del maggiore danno che riesca a dimostrare, compreso quello biologico.

 

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