Alla scopo di assicurarne l’indipendenza, la corte è stata dotata di una vasta ed articolata autonomia. Il cardine consiste nell’autonomia normativa, che ha consentito alla corte di produrre un regolamento generale e vari regolamenti “amministrativi” minori. Sebbene previste da una legge ordinaria, sono queste norme regolamentari che disciplinano le strutture della corte stessa. Si aggiungono l’autonomia finanziaria, contabile, amministrativa, riguardanti la gestione dei propri fondi e del proprio apparato.

Pur fermo restando che le somme occorrenti vanno stanziate “con la legge del parlamento”. D’altronde, è sull’indipendenza della corte che si basa anche la cosiddetta giurisdizione domestica. Nel medesimo quadro vanno poi collocate le norme riguardanti l’autoorganizzazione, cioè la formazione degli organi e delle strutture interne della corte. Così, sono i giudici costituzionali ordinari che provvedono alla elezione del loro presidente. Ed è il presidente che convoca e presiede la corte, determina i ruoli delle udienze pubbliche e delle camere del consiglio. Al presidente spetta poi designare un vicepresidente della corte.

Generalità; le fonti normative disciplinanti i processi costituzionali

La corte costituzionale è competente a giudicare “sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e su quelli tra lo stato e le regioni, e tra le regioni”, nonché “sulle accuse promosse contro il presidente della repubblica”. I giudizi sulle leggi e sugli atti equiparati formano, però, il cuore della giurisdizione stessa. Indipendentemente da essi, l’istituzione di un’apposita corte perderebbe la sua fondamentale ragion d’essere.

Centrale è la questione concernente la natura della legge n. 87, dal momento che questa è la fonte in cui si rinviene gran parte delle norme destinate a regolare in via primaria i processi costituzionali. Oltre che nel secondo comma dell’art. 137 Cost., la legge n. 87 trova il suo fondamento specifico nell’art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1953: in cui si dispone che “la corte costituzionale esercita le sue funzioni nelle forme, nei limiti ed alle condizione di cui alla carta costituzionale, alla legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, ed alla legge ordinaria emanata per la prima attuazione delle predette norme costituzionali.

Si è anzi ragionato di una sorta di “costituzionalizzazione” delle disposizioni legislative in esame, anche perché esse ricadrebbero entro una materia tuttora riservata alla legge costituzionale. Il diritto positivo e “vivente” non sembra però confortare né l’una né l’altra opinione.

È sostenibile piuttosto che l’art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1953 abbia decostituzionalizzato la disciplina dei giudizi di legittimità costituzionale, nelle parti non considerate in modo specifico dalla costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1948. La legge n. 87 non poteva dunque contraddire le rispettive norme costituzionali, con essa interferenti; ed a loro volta le “norme integrative” non possono porsi in contrasto né con quella legge né con leggi ordinarie successive.

 

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