Lo svolgimento della procedura del c.p. si articola in due fasi:

a) approvazione della proposta da parte dei creditori ;

b) la successiva omologazione del concordato da parte del tribunale.

L’approvazione del concordato p. avviene in apposita adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. Identiche al concordato fall., sono anche le maggioranze richieste per l’approvazione del concordato (maggioranza dei crediti, e nel caso di concordato con classi, la maggioranza delle classi). Se la proposta è respinta, il tribunale dichiara d’ufficio inammissibile la proposta di concordato e dichiara fallimento con sentenza separata.

Se invece le maggioranze sono raggiunte, si apre il giudizio di omologazione. Anche in questo caso (come nel concordato fall.), il tribunale si limita a controllare la regolarità della procedura, e, se i risultati sono positivi, il tribunale omologa con decreto il concordato.

In caso contrario lo respinge e dichiara contestualmente il fallimento con sentenza o lo stato d’insolvenza. Contro il decreto che omologa o respinge il concordato, si può ricorrere con reclamo alla corte d’appello. Una volta omologato il concordato p. (come quello fall.) è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura della procedura.

Esecuzione. Risoluzione ed annullamento del concordato.

Il concordato viene eseguito sotto la vigilanza del commissario giudiziale, secondo quanto stabilito nel decreto di omologazione. Il concordato può essere risolto o annullato su ricorso di ciascun creditore, negli stessi casi previsti per il concordato fall.

L’apertura del fallimento in seguito al mancato perfezionamento del concordato o alla risoluzione solleva due delicati problemi:

1) il primo è se i termini a ritroso per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare decorrano dalla data del decreto di ammissione al concordato p. o da quella successiva della dichiarazione di fallimento. La prima soluzione è prevalente. Le ragioni di questa scelta sono evidenti: si vuole evitare che i creditori anteriori, dopo aver atteso invano l’adempimento del concordato possano veder sfumata la possibilità di reintegrare il patrimonio del fallito attraverso le azioni revocatorie.

2) il secondo: coloro che sono diventati creditori dell’imprenditore durante la procedura di concordato, per atti inerenti all’esercizio dell’impresa, devono essere considerati nel successivo fallimento creditori della massa ( e quindi soddisfatti in prededuzione).

 

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