Caratteri generali. Condizioni

Il concordato preventivo è’ una procedura proposta dall’imprenditore prima della dichiarazione di fallimentare per evitare il fallimento.

L’intervento del 2005, ha modificato il presupposto oggettivo del concordato preventivo che non è più solo lo stato d’insolvenza ma più in generale è uno stato di crisi economica dell’imprenditore. E per stato di crisi s’intende sia una difficoltà temporanea e reversibile che non consente all’imprenditore di soddisfare i creditori, sia lo stato d’insolvenza che giustificherebbe il fallimento.

Al concordato preventivo può essere riconosciuta una duplice finalità: a) se la crisi è temporanea e reversibile, essa mira a superare tale situazione attraverso il risanamento economico e finanziario dell’impresa. (il c.p. sostituisce l’amministrazione controllata soppressa dal d. lgs. 5/2006); b) se la crisi è definitiva e irreversibile, il concordato preventivo può essere attuato prima che sia dichiarato il fallimento. Anche il c.p. è un concordato giudiziale e di massa.

Esso offre però all’imprenditore insolvente l’ulteriore vantaggio di evitare le gravi conseguenze patrimoniali, personali e penali del fallimento. In definitiva costituisce un beneficio concesso all’imprenditore per favorire la composizione della crisi mediante una soluzione concordata con i creditori. Non è neppure necessario che vengano soddisfatti per intero i creditori privilegiati (condizione invece obbligatoria dell’originaria disciplina).

In merito al contenuto della proposta del c.p. valgono le stesse regole del concordato fallimentare. Può perseguire la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma; può consistere in una dilazione dei termini di pagamento o nel soddisfacimento parziale dei crediti, o entrambe le soluzioni.

L’ammissione al concordato

Inizia con la domanda di ammissione del debitore, presentata con ricorso al tribunale fallimentare. Alla domanda devono essere allegati: una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico delle attività con i relativi valori ed infine, l’elenco nominativo dei creditori. Tali documenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista (scelto dal debitore fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili) che attesti la veridicità dei dati aziendali.

Ricevuta la domanda il tribunale svolge un controllo preliminare (formale) volto ad accertare se ricorrono i presupposti richiesti dalla legge. Se l’accertamento è negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato. Se invece ritiene ammissibile la proposta, con decreto dichiara aperta la procedura di c.p. e, con lo stesso decreto, designa il giudice delegato (che ha la direzione di tutta la procedura), un commissario giudiziale (che svolge una funzione di controllo e di vigilanza).

A differenza del fallimento, nel c.p. il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua l’esercizio dell’impresa, anche se per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del giudice delegato. (e se compiuti senza autorizzazione, sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato). Il c.p., per i creditori, è caratterizzato dal principio della par condicio creditorum.

Infatti i creditori non possono intraprendere, pena di nullità, azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore per il periodo che intercorre dalla data della presentazione del ricorso fino al momento in cui il decreto di omologazione del c.p. diventa definitivo. Per quanto riguarda i rapporti contrattuali in corso, si deduce che il c.p. non incide su di essi.

 

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