In un’ economia sempre più complessa e con un crescente carattere di massa, l’ esigenza di regole ah hoc è sempre più importante, dando luogo ad una congerie di interventi, comunque sempre caratterizzati dal comune denominatore della protezione del consumatore. Le discipline che si sono progressivamente sovrapposte nel tempo sono state molteplici; esse trovano, ora, una sistemazione sufficientemente affinata nel d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo). Obiettivo del codice è assicurare una più elevata tutela del consumatore, operando a tre diversi livelli:

1) fase che precede il sorgere del rappresentante di scambio: il dir del consumatore di essere adeguatamente informato sulle caratteristiche del prodotto e del servizio offerto. Una maggiore enfasi che inevitabilmente si esprime, oltre che nell’ individuazione, a priori, di un contenuto minimo di informazione, in specie per quanto riguarda l’ indicazione del prezzo e soprattutto nell’ imposizione a carico dell’ impresa di precise regole di correttezza.

2) Il secondo livello d’ intervento è quello che concerne la disciplina del contratto. Le disposizioni richiamabili in proposito sono varie.

a) Innanzitutto si devono rammentare gli artt. 33-36 del Codice, i quali dettano una disciplina estremamente articolata per le c.d. clausole vessatorie nell’ ambito dei contratti unilateralmente predisposti. L’ approccio del legislatore è nel senso che si considerano vessatorie tutte quelle clausole che determinano, a carico del consumatore, un significativo squilibrio di dir e obblighi derivanti dal contratto. Le clausole vessatorie disciplinate dal Codice del consumo rappresenta una fattispecie potenzialmente aperta. Ai sensi dell’ art. 36, le clausole vessatorie poste a carico del consumatore, e che non siano state oggetto di trattativa privata con costui, sono nulle. La nullità è peraltro sempre una nullità parziale e relativa, nel senso che, tra le parti contrattuali, è solo il consumatore che vanta legittimazione a farla valere.

b) Nel contesto di una moderna economia di mercato, i consumatori vengono sempre più spesso sollecitati a compiere le proprie scelte di acquisto di beni e prodotti anche al di fuori dei locali commerciali dell’ impresa. Anzi, in un’ economia globalizzata, il consumatore è in condizione di accedere con facilità a proposte e offerte commerciali direttamente dalla propria abitazione. E tuttavia il rischio è, in questi casi, che la sua consapevolezza nella scelta possa essere minore. Non foss’ altro perchè nei casi che si sono indicati il consumatore il più delle volte subisce l’ offerta. In tal contesto è allora coerente che il legislatore rafforzi la protezione del consumatore, prevedendo una serie di norme differenziate a seconda che si tratti di contratti conclusi fuori dai locali commerciali (artt. 45-49) o a distanza (artt. 50-61). Le due discipline sono in parte diverse, ma accomunate, tuttavia, nel riconoscimento, a favore del consumatore, della possibilità di ripensarci (diritto di recedere, art. 64).

3) Il terzo livello di intervento è quello che attiene alla fase che potrebbe dirsi successiva rispetto all’ attuazione dello scambio. La preoccupazione del legislatore è infatti che il consumatore non veda deluso il suo affidamento sulla possibilità di conseguire le utilità attese con l’ acquisto del bene di consumo. Di qui, allora, una duplice serie di regole, accomunate al vertice da una sostanziale identità di funzione. Il primo tipo di esigenza è soddisfatto dalle norme dettate in tema di garanzia legale di conformità per i beni di consumo (artt. 128- 135). Ancora il consumatore dispone di un termine più ampio di quello, brevissimo, previsto dall’ art. 1495 per la denuncia dei vizi della cosa venduta (art. 132 Codice, termine di 2 mesi dalla data di scoperta del vizio). Anche queste disposizioni, ovviamente, sono imperative, sicchè è nullo ogni patto contrattuale volto ad escludere e limitare i dir vantati dal consumatore a fronte del vizio di non conformità.

Al secondo tipo di esigenza, l’ ordinamento dà soddisfazione prevedendo dapprima uno specifico obbligo (art. 104) di immettere sul mercato solo prodotti sicuri, quindi specifici obblighi di fornire al consumatore tutta una serie di informazioni utili alla valutazione e alla prevenzione dei pericoli derivanti dall’ uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, ed infine regolando una speciale forma di responsabilità a carico del produttore per l’ ipotesi di danno cagionato dal prodotto difettoso. Nella convinzione che l’ attività organizzata di produzione non possa non dare obiettivamente conto di ciò che produce, il Codice del consumo contempla così una particolare ipotesi di responsabilità extracontrattuale a carico di chiunque produca beni mobili, ma intendersi anche comprensivi dei prodotti agricoli e dell’ elettricità.

La responsabilità risulta addebitata oggettivamente, a nulla rilevando la colpa o il dolo del soggetto cui la stessa è ascritta. Ai fini della disciplina in commento si considera produttore colui che produce la materia prima, nonchè il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, destinati alla vendita o alla distribuzione, ma anche colui che importa prodotti nella CE. La categoria è, nella sua indicazione letterale, più vasta di quella delle imprese. Nel caso che il produttore non sia individuato, è il fornitore- distributore ad essere responsabile. La responsabilità è per la distribuzione di prodotti difettosi, cioè quelli che non offrono la sicurezza all’ uso. La responsabilità del produttore si data dalla messa in circolazione del prodotto.

Come già si è accennato, la colpa o il dolo dell’ agente non rilevano: questi potrà esonerarsi da responsabilità solo attraverso la prova positiva di uno dei fatti indicati, con elencazione tassativa, dall’ art. 188 Codice. Nel caso in cui più persone siano responsabili dello stesso danno, è naturalmente sancita responsabilità solidale salvo il diritto di regresso di chi abbia risarcito il danno nei confronti degli altri corresponsabili. Il risarcimento è per il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali e per la distribuzione o il deterioramento di altri beni, in quest’ ultimo caso con una franchigia di 387 euro.

Occorre connessione causale fra difetto e danno con onere di prova a carico del danneggiato. La prescrizione dell’ azione di risarcimento è in 3 anni dalla data di conoscenza del danno. Il termine di decadenza è di 10 anni dalla messa in circolazione del prodotto. Il risarcimento non è dovuto quando il danneggiato era a conoscenza del difetto e del pericolo conseguente, ed egualmente vi sia volontariamente esposto. La rilevanza degli interessi diffusi, e la necessità di tutela degli stessi, giustificano la nullità, nei confronti del danneggiato, di ogni patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità.

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