Premesse
Dopo la discussione (in pubblica udienza o in adunanza camerale) il Presidente del Collegio dispone l’assegnazione (o spedizione) della causa in decisione: si tratta del passaggio formale alla fase decisoria (il Collegio si ritira in Camera di Consiglio). È stato quindi già definito l’oggetto della controversia, si è svolto il contraddittorio, è stato raccolto il materiale probatorio (o per iniziativa delle parti, o d’ufficio, tramite il metodo acquisitivo) e il processo si avvia verso la sua conclusione: la formulazione del giudizio e l’emanazione di una sentenza.
Profili formali: la formazione della decisione
La disciplina della fase decisoria è contenuta negli artt.61 e 62 del regolamento di procedura del 1907, e nell’art.276 c.p.c. Il Collegio giudicante, dopo la discussione del ricorso, si ritira in Camera di Consiglio per deliberare (nella prassi, non dopo ogni singolo giudizio, ma dopo tutte le cause della stessa udienza). L’assegnazione della causa in decisione svolge 2 funzioni:
. preclude ai componenti del Consiglio la possibilità di esercitare il diritto di astensione
. determina la chiusura del contraddittorio e la fissazione della posizione processuale delle parti.
Procedura di rilettura:
si può riaprire la discussione (per i principi costituzionali del giusto processo) se sopravviene una nuova normativa o un’altra questione di fatto o di diritto che possa incidere sulla decisione. Se si verifica la “terza opinione, o terza via” del giudice (quando cioè questi basi la propria decisione su questioni insorte solo in Camera di Consiglio, non sottoposte al contraddittorio delle parti)? La riapertura del contraddittorio potrebbe impedire questa criticata soluzione.
Se tra la discussione e la decisione si verifica un fatto che non permette al Collegio di formarsi in modo regolare, la causa è rimessa a ruolo davanti ad un altro Collegio, di fronte al quale si rinnova la discussione. Questo avviene per il principio di immodificabilità del giudice: la composizione del Collegio giudicante non può ammettere un giudice che non era presente all’udienza di discussione (altrimenti ciò porterebbe alla nullità della sentenza poi emanata).
La deliberazione
Essendovi più giudici, si devono fondere più giudizi per arrivare ad un’unica soluzione. A ciò si arriva tramite il dibattito camerale e la deliberazione.
Il dibattito è fissato dal Presidente. Ogni componente manifesta il proprio punto di vista agli altri componenti del Collegio. Dopo il dibattito si procede ad una votazione (qui il parere non è più solo proposto, ma affermato). La manifestazione del voto è da fare al Presidente, che procede alla raccolta dei voti. È richiesta la maggioranza assoluta. Se questa non si forma, il Presidente mette al voto 2 soluzioni per escluderne una, alla restante ne è affiancata un’altra, e così via fino alla votazione definitiva (formazione artificiale della maggioranza per esclusione progressiva delle soluzioni di minoranza).
Una volta arrivati ad una decisione, il Presidente provvede alla stesura e alla sottoscrizione. Il relatore invece stende la motivazione (o un altro giudice, se il relatore appoggiava la decisione minoritaria). La decisione è in ogni caso modificabile fino alla sua pubblicazione, perché solo con questa acquista esistenza giuridica. La pubblicazione si ha con il deposito in segreteria (il segretario da atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma). Entro 5 giorni è data comunicazione alle parti con un biglietto di segreteria da parte del segretario. Questo è da consegnare o personalmente, o tramite raccomandata o ufficiale giudiziario.