L’ amministrazione resistente è l’ amministrazione che ha posto in essere l’ atto impugnato dal ricorrente [più precisamente: l’ amministrazione alla quale appartiene l’ organo che ha adottato l’ atto (così, ad es., se l’ atto proviene dal sindaco, l’ amministrazione resistente sarà il comune)].

È bene precisare, però, che vi sono atti che possono essere imputati a più di un’ amministrazione (si pensi, ad es., ad un decreto interministeriale o ad un accordo tra enti pubblici): in questi casi, amministrazione resistente sarà quella alla quale è imputabile l’ atto conclusivo del procedimento. Se, tuttavia, il ricorrente denuncia il vizio di un atto intermedio che si ripercuote sul provvedimento conclusivo e quest’ atto intermedio è stato posto in essere da un’ amministrazione diversa da quella che ha adottato l’ atto conclusivo, anche tale amministrazione dovrà essere chiamata in giudizio.

Ovviamente, a differenza del ricorrente (il quale ha interesse all’ annullamento dell’ atto impugnato), l’ amministrazione resistente ha, invece, interesse alla sua conservazione (in tal caso, quindi, l’ amministrazione non agisce più in veste di apparato volto alla cura di un interesse pubblico, ma agisce allo scopo di tutelare un proprio diritto).

Va detto, infine, che l’ amministrazione resistente ha un diritto di difesa (art. 24 Cost.): ovviamente, affinché questo diritto possa essere esercitato, il ricorso deve essere notificato all’ autorità che ha adottato l’ atto impugnato.

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