Nei rapporti tra P.A. e cittadino, l’ amministrazione dispone di poteri che non hanno un fondamento contrattuale, ma che derivano dalla legge che la istituisce e che entrano in azione quando si verifica il fatto previsto dalla relativa norma (ad es., la legge prevede che il sindaco, accertata l’ esecuzione di opere in assenza di concessione, ingiunga la demolizione).

Il potere amministrativo è, quindi, un potere unilaterale non solo nel senso che il suo esercizio incide unilateralmente nella sfera giuridica altrui, ma anche nel senso che la sua fonte non è contrattuale (anche il datore di lavoro privato ha un potere direttivo verso il lavoratore, ma tale potere ha una fonte contrattuale). È necessario sottolineare, però, che amministrazione e privato possono comunque stringere un accordo che non solo può predeterminare il contenuto del provvedimento, ma può anche sostituirlo; tale accordo, in ogni caso, non mette in discussione l’ unilateralità del potere amministrativo [infatti, poiché l’ accordo è un’ evenienza precaria, dipendente dall’ incontro di due volontà, gli interessi pubblici che richiedono una protezione continua sarebbero pregiudicati se alla singola amministrazione non fosse attribuito il potere unilaterale di influire sulla sfera giuridica di colui che all’ accordo non vuole addivenire (come accadrebbe, ad es., nel caso in cui l’ amministrazione tributaria dovesse aspettare il consenso del contribuente ovvero l’ amministrazione militare il consenso della recluta).

Proprio perché è un potere unilaterale, il potere amministrativo (in un ordinamento democratico, come il nostro) deve essere istituito ed attribuito dalla legge: e ciò perché la capacità di incidere sulla sfera giuridica di un altro (il privato interessato), senza il suo consenso, costituisce una eccezione ad una regola fondamentale del diritto privato (ecco il motivo per il quale solo il popolo, attraverso la sua rappresentanza e con una votazione a maggioranza, può introdurre questa eccezione).

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