I provvedimenti di secondo grado sono quelli con i quali l’amministrazione interviene su precedenti provvedimenti per modificarne, rimuoverne o confermarne gli effetti. I provvedimenti di secondo grado sono emanati:

– sulla base di un ricorso amministrativo per il ripristino della legalità violata;

– su iniziativa dell’amministrazione;

Nel primo caso, implica che, sussistendone i presupposti (come il mancato decorso del relativo termine), il ricorso sia stato proposto: il procedimento è quindi avviato su iniziativa di parte, che fa sorgere in capo all’amministrazione l’obbligo di provvedere (accogliendo o rigettando il ricorso). Le norme sulla giustizia amministrativa disciplinano in dettaglio i procedimenti innescati dai ricorsi amministrativi.

Nella seconda ipotesi, è la stessa funzione amministrativa che ha espresso il provvedimento di primo grado che ricorre al provvedimento di secondo grado: persegue, sempre, lo stesso interesse pubblico che ha determinato l’adozione del precedente provvedimento. Di conseguenza, la competenza per la sua adozione spetta allo stesso organo e la sua legittimità va valutata alla stregua delle stesse norme, in quanto anche i provvedimenti di secondo grado devono perseguire correttamente l’interesse pubblico in vista del quale il potere è attribuito.

Gli atti di secondo grado si suddividono in:

– atti che tendono alla conservazione o alla permanenza degli effetti del provvedimento;

o Sanatoria o Convalida

– atti che tendono alla interruzione, all’eliminazione o alla modifica di tali effetti:

o l’annullamento d’ufficio, o la revoca o la riforma.

La Sanatoria è l’effetto di conservazione dell’efficacia di un atto, a seguito dell’eliminazione di un vizio. Essa può essere determinata da ulteriori atti dell’amministrazione o da fatti giuridici, come il verificarsi successivo di un presupposto del provvedimento (per esempio, un accertamento tecnico).

La Convalida, invece, è l’atto con il quale l’amministrazione dichiara l’esistenza del vizio e lo elimina, riaffermando l’efficacia del provvedimento.

Ovviamente, può essere convalidato un provvedimento viziato ma esistente perciò annullabile, non può esserlo un provvedimento inesistente o già annullato.

Quando il vizio che si intende eliminare è di incompetenza, poi, la convalida, emanata dall’organo competente, prende il nome di Ratifica.

La giurisprudenza ammette l’Annullamento d’ufficio e la Revoca a condizione che vi sia un interesse pubblico ”concreto e attuale” alla rimozione o alla cessazione degli effetti del provvedimento, interesse che va ponderato con gli altri interessi coinvolti (in particolare, di chi abbia fatto affidamento sugli effetti del provvedimento): si tratta, quindi, di provvedimenti discrezionali.

Ciò dimostra che anche l’annullamento d’ufficio, pur essendo funzionale alla restaurazione dell’ordine giuridico violato, è volto a tutelare l’interesse attribuito all’amministrazione: non a rimediare a un vizio del passato, ma a disciplinare la situazione presente.

La revoca è l’atto con il quale l’amministrazione fa cessare gli effetti di un precedente provvedimento per ragioni di merito, relative all’interesse pubblico da essa curato: essa si distingue dall’annullamento, quindi, sia per la causa (l’inopportunità e non l’invalidità), sia per l’effetto (non retroattivo).

La revoca, in realtà, non è espressione di un privilegio dell’amministrazione, né di autotutela, ma dello stesso potere già esercitato dall’amministrazione, la quale può revocare i propri atti non diversamente da come possono fare il legislatore, gli amministratori di una persona giuridica, il tutore e il curatore, il testatore e così via.

La Sospensione pone gli effetti del provvedimento in uno stato di quiescenza, paralizzando le situazioni soggettive sorte sulla base del provvedimento e impedendo la sua esecuzione. Essa può essere prevista dalle norme, come contenuto di un provvedimento sanzionatorio (come la sospensione della patente di guida, della licenza di porto d’arma, delle autorizzazioni relative alle sostanze stupefacenti), ma è ammessa in via generale dalla giurisprudenza come misura temporanea.

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