L’immagine di Diocleziano è giunta a noi a tinte oscure per l’astio della chiesa. Questo perché egli si prefigurava come un conservatore del passato e difensore della gloriosità romana pagana contro ogni forma di culto moderno. Per i persiani l’impero era un mondo cristiano e si sorprendevano di come un pagano potesse governarlo. Ciò non voleva dire che i cristiani erano pacifici: già nel II sec ad Edessa era nato uno stato cristiano che si era dedicato anima e corpo alla persecuzione dei pagani. Diocleziano tra 303 e 304 pubblicò i 4 editti dell’ultima persecuzione contro i cristiani sebbene egli non fosse pervaso da ire particolari contro i cristiani. Invece Galerio(uno dei due cesari dopo la tetrarchia 2 augusti 2 cesari) era nemico dichiarato dei cristiani e si dice che ciò porto il Dio dei perseguitati a fargli venire una malattia letale e sul letto di morte per placare la divinità divina giocò l’ultima carta emanando a Sardica un editto di tolleranza che anticipa di 2 anni quello di Costantino. Morì comunque.

Costantino.Egli è stato sempre invece reso luminoso dalla Chiesa. Egli promulgò nel 313 insieme al collega Licinio l’editto di tolleranza di Milano di cui però non si ha traccia(ne tengono conto Eusebio di cesarea e l’apologista Lattanzio: essi però sostengono che varrebbe x ogni culto. La maligna critica moderna più restia nell’esaltazione di Costantino ha sostenuto addirittura che questo editto non sarebbe mai esistito. L’imperatore sempre nella primavera di quell’anno restituì ai cristiani i beni confiscati in Africa e Calabria e concesse ai chierici l’esenzione dai munera personali. I 3 provvedimenti famosi furono poi: 1)possibilità per le Chiese di ricever donazioni e legati, 2)istituzione della episcopalis audentia(non si voleva con essa creare una giurisdizione speciale per la chiesa: un sec dopo Valentiniano III escluderà da essa le cause penali riconoscendo la audentia come una forma di arbitrato che Roma lasciava ai vari culti. Per Giustiano invece ciò appare come una forma di giurisdizione speciale.) ,3) la manomissione durante la messa che portava la latinità.

Dies soli. Essa fu una festività istituita nel 321 non a favore dei cristiani(diventerà res dominica solo più tardi): essa fu più che altro un tributo reso da Costantino al culto solare. Il culto del sole era diffuso anche ad occidente ma evidentemente ma chiaramente era anche molto orientale. A Costantino doveva piacere molto se arrivò a farsi rappresentare con fattezze di una divinità solare prescrivendo l’adorazione per questa figura. Costantinopoli sembrava dopo ciò aver il marchio di una città pagana per rispettare i culti pagani della vecchia Roma. Infatti Costantino conservò il titolo di pontifex maximus.

Il concilio di Nicea(325) Alcuni sostengono che Costantino vi abbia partecipato solo perché lo Stato doveva interessarsi a tutti i fatti religiosi dell’impero. In questo concilio la Chiesa cominciò ad innalzare il grande edificio del suo dogma autoaffermandosi di fronte all’eresia. La chiesa gettò anche le prime basi di un’organizzazione gerarchica proclamando la preminenza delle sedi di Roma e Antiochia. Fu condannata l’eresia di Ario(che sosteneva che solo il padre aveva natura divina mentre il figlio pur voluto dal Padre era creato) in quanto i padri della chiesa enunciarono il dogma della identità della sostanza divina di padre e figlio e 50 anni dopo nel concilio di Costantinopoli anche lo Spirito Santo fu assunto nella consustanzia divina. La presenza di Costantino a Nicea con un banco più alto rispetto ai vescovi richiama forse la nascita dell’idea di cesaropapismo con cui l’imperatore poteva entrare nelle verità della fede.

Cesaropapismo e arianesimo: Costantino diventò ariano: si fece battezzare in fin di vita dal vescovo Eusebio di Nocomedia quindi egli morì da eretico. Anche suo figlio Costanzo II fu eretico e questi si adoperò non riuscendovi però a dare all’arianesimo la qualifica di religione cattolica. Il collegamento tra cesaropapismo e arianesimo si trova quando gli ariani definiscono Costanzo II che li proteggeva “vescovo dei vescovi”(titolo che sarà dato anche a Carlo Magno) che è diverso dalla qualifica “vescovo esteriore” attribuita a Costantino con cui si alludeva all’imperatore come sorvegliante dei laici.

Importante da ricordare è la Vittoria del cattolicesimo romano. Essa fu sanzionata nel 380 quando Teodosio I il Grande emanò l’editto di Tessalonica con cui si imponeva che il cattolicesimo niceo-apostolico dovesse esser seguito da ogni cittadino dell’impero divenendo religione di stato. Inoltre fu chiarita che questa religione era quella insegnata dall’apostolo Pietro professata dal pontefice di Roma e dal vescovo di Alessandria: queste due città appaiono quindi come la coppia di autorità garanti del magistero ortodosso. Ma il vero problema dell’editto è dell’unità del comando che Roma tradurrà nella rivendicazione di quel primato papale cui Bisanzio si opporrà e finirà col negare. Il concilio di Costantinopoli del 381 sancì il primato papale collocando tra le sedi maggiori al primo posto Roma e al secondo Costantinopoli. 70 anni dopo Costantinopoli non accettò più ciò e il concilio di Calcedonia mise Roma sullo stesso piano di Costantinopoli quindi il papa perse il suo primato.

Ambrogio vescovo di Milano. Egli sta dietro a tutte le vicende nel rapporto chiesa/impero: ottenne che Graziano rinunciasse al titolo di pontifex maximus, che Teodosio facesse penitenza pubblica per il massacro da lui ordinato a seguito del tumulto di Tessalonica: quindi per la prima volta il più grande dei sovrani si sottomise alla chiesa per poter celebrare il Natale. Il motto di Ambrogio era” imperator enim intra ecclesiam nn supra ecclesiam est”. Ciò vuol dire che l’imperatore( e non l’impero) è nella chiesa. Quindi l’imperatore nella sua qualità di cristiano e fedele deve obbedire a papa e vescovi, mentre l’Impero è un’altra cosa:la Chiesa fa parte dell’Impero.

Papa Gelasio(492-496)egli ebbe un pontificato brevissimo ma tuttavia fu un essenziale difensore della chiesa sul primato di essa(egli fece propria la interpretazione romana per cui nonostante la parità tra poteri del concilio di Calcedonia il papa aveva il primato perché Cristo lo aveva inequivocabilmente attribuito a Pietro) e sul cesaropapismo. Su questo secondo punto il papa ammonì il sovrano d’oriente Anastasio sostenendo che il mondo è retta da due dignità:una chiamata da Cristo a guidare le anime(auctoritas), l’altra a governare i negozi temporali(potestas) e l’uno e l’altro non devono interferire. I termini auctoritas e potestas non pongono particolari gerarchie: la prima si pone in senso di un potere astratto garante di legittimità tipica del sacerdote, la seconda fonte di obbligatorietà verso comportament esterni chiaramente del governo secolare.

Questa affermazione di Gelasio aveva fatto capire che la Chiesaera ansiosa di fissare il proprio status. Essa godeva di un’autonomia che si esprimeva dalle origini dei concili: ma questi di solito producevano più dogmi che norme giuridiche , in quanto erano creati per combattere le eresie. Tuttavia il fatto che a oriente non si riconosceva il primato del papa causò lo spezzamento della chiesa tra i tronconi di Roma e Costantinopoli. Il potere normativo del papa si cominciava a vedere attraverso i decreta che erano una controfigura canonica dei rescritti imperiali. A partire dal V sec vi fu un’esplosione di iniziative compilatorie a Roma tra cui la Collezione Dionisiana: ne fu autore il monaco Dionigi “il piccolo” che si trovò davanti una versione latina di canoni orientali che lo disgustò per il disordine: c’erano 38 decretali in un periodo tra il 384 e 498. Egli si adoperò per renderla migliore e questa collezione ebbe tanto successo da renderla il codice ufficioso della Chiesa di Roma e l’editore le diede il nome di Prisca. La sua forza c’era ancora nel 774 quando Carlo magno la ricevette da papa Adriano I col compito di farla rispettare nei suoi regni. Oltre’alpe circolava invece la collezione Hispana: il contenuto era simile a quella di Roma con l’aggiunta però di canoni dei recenti concili gallici e iberici e in questo modo affrontavano problemi dell’org ecclesiastica contemporanea e si interessavano a questioni giuridiche concrete.

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