Il riconoscimento della Chiesa da parte dell’impero all’inizio del IV secolo per opera di Galerio, di Licinio e soprattutto di Costantino, costituì una svolta gravida di implicazioni.

nell’arco di pochi decenni la Chiesa divenne, da perseguitata, dapprima tollerata, poi riconosciuta, poi privilegiata infine dichiarata esclusiva con Teodosio I nel 380.

Un distinto filone normativo attribuì alla Chiesa una serie importante di diritti e di privilegi.

il clero fu dichiarato esente dalle pressanti prestazioni civiche e fiscali imposte agli altri sudditi. A vescovi vennero riconosciute funzioni giudiziarie nell’ambito del processo civile; analogamente a quanto accadeva nell’arbitrato, se entrambe le parti si sottoponessero all’udienza episcopale, la sentenza così pronunciata fu dichiarata inappellabile e dotata di forza esecutiva al pari di una sentenza statale. Quando si trattasse di una controversia in materia ecclesiastica, al vescovo fu assicurata la giurisdizione esclusiva.

La legislazione imperiale si spinse ancora più in là allorché pose la Chiesa in condizione di privilegio rispetto agli altri culti esistenti, ovvero intervenne sul terreno stesso dell’ortodossia.

Nel 380 lo stesso Teodosio emanò il celebre editto con cui dichiarava doversi ritenere cristiano soltanto chi accettasse la professione di fede trinitaria professata dai vescovi di Roma e di Alessandria. La religione cattolica era così formalmente dichiarata la sola religione ufficialmente riconosciuta nell’impero.

I ripetuti interventi legislativi in materia religiosa e i privilegi di cui la Chiesa beneficiò dal IV secolo in poi resero certo più agevole la penetrazione e l’affermazione del cristianesimo nelle diverse parti dell’impero.

Ma gli imperatori pretesero di intervenire e di decidere in materia ecclesiastica e talora anche su questioni strettamente religiose e teologiche. Questi infatti non si limitarono a convocare i concili, ma in più occasioni tentarono anche di influenzarne gli esiti.

Questo intreccio tra Chiesa e Stato per l’Oriente divenne presto assai stretto, e una forma di Cesaropapismo si affermò a Costantinopoli.

In Occidente I pericoli di una subordinazione allo Stato furono, in questa parte dell’impero, avvertiti e denunciati precocemente.

Qualche decennio più tardi il vescovo di Milano osava escludere dalla comunione l’imperatore in persona.

Teodosio aveva ordinato nel 390, in un momento d’ira, una feroce rappresaglia nei confronti degli abitanti di Tessalonica, ove un funzionario imperiale era stato assassinato; Ambrogio si allontanò allora dalla città per non incontrare l’imperatore, al quale in una lettera espresse la riprovazione per A suo gesto e l’invito al pentimento e alla penitenza. Solo dopo aver riconosciuto pubblicamente il suo errore e averne chiesto perdono, Teodosio venne riammesso in Chiesa.

L’autonomia della Chiesa sul terreno spirituale, il suo diritto ad intervenire anche nei confronti delle più alte autorità politiche erano affermati senza incertezza, e riconosciuti dallo stesso imperatore.

Chiesa e Stato erano definite «dignitates distinctae», rispettivamente intese alla tutela dell’ordine temporale e al conseguimento della vita eterna; i due poteri, entrambi voluti da Cristo, erano reciprocamente indipendenti. E tale idea trovava, sin dalle origini del cristianesimo, un aggancio importantissimo nel «rendete a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio» del Nuovo Testamento.

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