Il Parlamento ebbe presto un suo organico giudiziario stabile, per metà composto da membri del ceto feudale e per l’altra metà da giuristi professionali. Questi ultimi vennero crescendo di numero e di importanza, sino a soppiantare in larga misura i nobili già alla fine del Duecento, e soprattutto a partire dalla metà del Trecento.

Il Parlamento di Parigi iniziò la sua attività regolare nel 1255. Negli stessi anni in luogo dei duello e delle altre prove ordaliche, ora espressamente abolite, ai giudici delle corti regie fu imposto di avvalersi in primo luogo della prova per testimoni; le dichiarazioni, raccolte per impulso delle parti, dovevano essere verbalizzate. L’intero processo assumeva la forma scritta, secondo moduli in parte derivati dai testi della compilazione di Giustiniano.

Una specifica forma di ricorso si introdusse tuttavia avverso le sentenze del Parlamento: il Conseil du roi venne abilitato a «cassare» una sentenza del Parlamento qualora la riconoscesse viziata da errore di diritto. Sono qui le lontane radici della Cassazione moderna.

Le competenze giudiziarie del Parlamento comprendevano al l’origine anche le cause concernenti i vassalli del re. Ma già alla fine del Duecento si stabili che costoro venissero giudicati in prima istanza dalle giurisdizioni regie locali, cioè dai balivi e dai senescalchi; mentre al Parlamento spettavano la giurisdizione di prima istanza sui soli vassalli di grado elevato e, soprattutto, la giurisdizione d’appello.

Lo sviluppo della giurisdizione del Parlamento di Parigi condusse nel secolo XIV alla creazione al proprio interno di camere distinte e specializzate per la valutazione preliminare delle cause, per l’istruzione delle decisioni, per gli affari criminali, per il dibattimento e le sentenze, con molte decine di giudici divisi in sezione.

Inoltre, il Parlamento esercitò dal secolo XIV anche funzioni di natura legislativa, accanto alle funzioni giurisdizionali: le ordinanze regie entravano in vigore soltanto dopo essere state lette e registrate dal Parlamento; in caso di rifiuto, il re poteva imporre la sua volontà con lo strumento eccezionale delle lettres dejussion, con le quali egli si assumeva ogni responsabilità, ovvero con quello dei lit de justice, che consisteva in un ordine immediatamente esecutivo, pronunziato dal re in forma solenne.

specie nella fase iniziale del XIII secolo, il re ebbe modo di intervenire anche di persona nella decisione di cause giudiziarie, svolgendo direttamente quel ruolo di giudice che era coessenziale all’idea stessa della regalità nel mondo medievale.

Sino all’inizio del secolo XV il Parlamento di Parigi costituì la sola corte sovrana del regno: anche dove il re consentì la sopravvivenza delle giurisdizioni preesistenti, la corte suprema di Parigi svolse le competenze d’appello. Ma la situazione mutò nel corso del Quattrocento: Carlo VII trasformò in Parlamento sovrano le Assise di Tolosa, per poter esercitare pienamente le prerogative regie sulla parte del territorio da lui controllata.

Dopo la riconquista dell’intero regno, non soltanto l’autonomia giurisdizionale non venne soppressa, ma anzi essa venne via via riconosciuta a una serie di corti giudiziarie situate nelle regioni periferiche del regno stesso: nacquero così il Parlamento di Bordeaux, quello del Delfinato. Contro la pronuncia di questi tribunali si poteva soltanto fare ricorso al Conseil du roi per violazione di legge.

Il Parlamento di Parigi rimase ugualmente il più importante del regno, anche perché la sua giurisdizione si estendeva alla metà dell’intero territorio. Tuttavia il riconoscimento dalle altre corti sovrane diede ad ognuna delle province periferiche del regno una non trascurabile autonomia. si trattava in effetti di regioni dotate di proprie tradizioni politiche e civili, che nella giurisprudenza dei singoli Parlamenti trovavano congruo riconoscimento, tanto più ambìto in quanto esso controbilanciava l’accentramento ormai attuato dagli ufficiali regi presenti sull’intero territorio del regno.

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