La Costituzione italiana accoglie una concezione del reato né meramente formale né integralmente sostanziale, bensì sostanziale-formale, che ripropone su nuove basi quello sforzo di sintesi tra legalità e giustizia già proposta dal pensiero illuministico-liberale. Tale compensazione, in particolare, tende ad essere realizzata:

  • riconfermando la fedeltà al principio formale del nullum crimen nulla poena sine lege.
  • ponendo di positivizzare nella legge i valori da essa espressi.

Deve essere considerato reato solo ciò che è previsto dalla legge come tale in conformità alla Costituzione, ma questo non solo per quanto riguarda i connotati strutturali-formali, ma anche e ancor prima per quanto concerne i valori tutelati.

Per la Costituzione italiana, quindi, è reato il fatto previsto come tale dalla legge, irretroattivamente, in forma tassativa, materialmente estrinsecatesi in concreto, offensivo di valori costituzionalmente significativi, casualmente e psicologicamente attribuibile al soggetto, sanzionato con pena proporzionata, umanizzata e tesa alla rieducazione del condannato. In assenza di certi connotati formali e sostanziali del reato, la norma incriminatrice è anticostituzionale, caso in cui il giudice ha il potere-dovere di astenersi dall’applicare la norma e di sollevare la questione di costituzionalità.

Dalla visione costituzionale del reato emerge pure la generale indicazione a circoscrivere l’area dei reati secondo il principio della necessarietà, cosa questa che appare desumersi dai principi:

  • della riserva di legge, che affidando l’opera di normazione penale al Parlamento e dati i lunghi tempo della produzione legislativa, implica di essenzializzare il campo degli illeciti penali.
  • di tassatività, che, nella sua esigenza di certezza e di chiarezza giuridica, non si concilia con l’attuale fenomeno di inflazione e disordine legislativo.
  • di responsabilità civile che, postulando la possibilità di conoscere la legge, viene reso illusorio dall’ordinamento giuridico occulto che viene a crearsi.
  • del finalismo rieducativo della pena, perseguibile solo delimitando l’illecito penale ai fatti autenticamente criminosi.
  • del nulla poena sine iudicio, svuotato dalla proliferazione delle norme penali, dal giudice applicate meccanicamente e alla lettera.

Ancor prima, tuttavia, ciò è imposto dal dovere statuale di prevenzione generale dei reati, che, presupponendo una sicurezza e una prontezza dell’applicazione della pena minacciata, non viene resa possibile, ad esempio, dai ritardi della giustizia, o ancora, dai vari provvedimenti clemenziali.

La nozione costituzionale di reato, comunque, consente di cogliere alcuni caratteri essenziali, che la differenziano dagli altri illeciti extrapenali:

  • le fonti, in quanto la Costituzione non prevede alcuna riserva di legge per l’illecito civile.
  • la formulazione, poiché nessun vincolo di tassatività è previsto per l’illecito civile, che è un illecito di semplice lesione (quello penale è un illecito di modalità di lesione ).
  • l’elemento soggettivo, poiché per la Costituzione, mentre l’illecito penale deve essere causalmente e psicologicamente proprio del soggetto, quello civile può consistere in un fatto non solo incolpevole, ma neppure causato dal soggetto responsabile.

In generale, di fronte al processo di personalizzazione della responsabilità penale, sta la sempre più marcata tendenza alla spersonalizzazione della responsabilità civile (es. responsabilità oggettiva). Quanto all’illecito amministrativo, la tendenza a concepirlo come un illecito colpevole esprime un affinamento della coscienza giuridica, connesso alla natura non risarcitoria della sanzione amministrativa.

La nozione di reato costituzionalmente orientata, quindi, offre un criterio-guida, nella scelta dei fatti punibili, ben più vincolante dei vecchi criteri sostanziali, anche se non indica con certezza ciò che deve costituire reato e lascia un ineliminabile spazio di discrezionalità al legislatore.

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