La dottrina prende in considerazione il momento dell’offesa dell’interesse o degli interessi giuridici rilevanti in una serie di situazioni e categorie dommatiche che finiscono con l’esprimere dei contenuti molto diversi. Le differenze riguardano soprattutto funzione e collocazione sistematica, nel quadro generale della fattispecie, che al concetto ottenuto si assegnano. A noi interessa sapere come vada intesa l’affermazione secondo cui la lesione o la messa in pericolo di una data situazione di interessi costituisce una nota distintiva, requisito, carattere del fatto criminoso. Giova partire da una breve analisi delle principali categorie scientifiche che imperniano la loro definizione su quella della lesione dell’interesse, ossia: l’antigiuridicità sostanziale (o materiale) in contrapposto all’antigiuridicità formale; l’offesa in contrapposto al danno e infine l’evento giuridico contrapposto all’evento naturalistico. Secondo Gallo la dottrina ha trascurato la questione dell’aspetto sostanziale accanto a quello formale: in questo modo per lui si trascura il problema d’ordine obiettivo e di ordine soggettivo, ciò per lui è inaccettabile.

Antigiuridicità materiale. La prima teoria che ha parlato di ciò ha sentenziato che il giudizio di disvalore che investe l’azione sarebbe duplice: da un lato l’azione è formalmente antigiuridica (discenderebbe dalla violazione della norma), dall’altro è materialmente antigiuridica (discenderebbe dalla violazione dell’interesse). Davanti a ciò si pongono una serie di domande. Ma per Gallo la questione così impostata soffre di una falsa partenza minacciando di condurre a un grave fraintendimento del significato che si deve riconoscere alla situazione “offesa di un interesse protetto”. I giuristi italiani di ogni scuola, presentato il giudizio sul carattere lesivo o pericoloso della condotta come contestualmente autonomo e a volte contrastante con quello che afferma la norma, hanno sempre concordato sul principio metodologico che “la illiceità giuridica penale formale è la sola vera illiceità giuridica” e che “l’illiceità giuridica è necessariamente formale”. Se il contenuto lesivo dell’azione si determina come un quid con autonomia rispetto alla qualifica di antigiuridicità formale per cui un certo comportamento è contrario ad una norma incriminatrice, tutto ciò portare a un’anarchia giuridica. Quindi l’offesa dell’interesse non rappresenta un elemento che accanto a quello formale determini l’illecito, anche perché l’interesse la cui lesione si ritiene ponga in essere una situazione di antigiuridicità materiale è l’interesse protetto e non altro interesse riscontrabile sul piano sociale.

Antigiuridicità formale. Va bene parlare di contrarietà alla norma cm unico requisito alla stregua di cui si determini un torto ma desideriamo sapere quando si possa realizzare questa situazione di contrarietà. Il discorso dovrà partire nell’ambito della considerazione normativa considerando i requisiti che un certo fatto deve presentare perché si ritenga illecito. Ora l’antitesi tra le due forme di antigiuridicità può esser vista come antitesi tra un giudizio formulato alla stregua dell’ordinamento positivo e un giudizio che tiene conto di altri criteri di valore. Basta pensare alle conseguenze di ciò per capire che la dottrina dell’antigiuridicidità sostanziale debba limitarsi a fornire delle enunciazioni destinate a rimanere lettera morta in sede di attuazione del dir. Per Gallo tutti questi equivoci si sarebbero dissolti se si fosse afferrato che l’illiceità non è pura e vuota forma ma giudizio di relazione con un proprio contenuto , costituito dalla manifestazione della volontà normativa. Se riferito alla qualificazione il termine formale denota quindi un’idea di rapporto e non una manifestazione di contenuto e le espressioni di forma da un lato e contenuto e sostanza dall’altro riacquistano il loro più preciso valore allorchè dall’antigiuridicità vengano trasferite al fatto antigiuridico. Occorrerà ora stabilire il significato dell’affermazione secondo cui il contenuto dell’illecito è dato da una lesione d’interessi. Due soluzioni a ciò: si può considerare per stabilire se un fatto sia o meno antigiuridico se esso abbia corrispondenza ad un astratto tipo descrittivo legale: di conseguenza consideriamo decisivo per l’esistenza del fatto come illecito la sua tipicità e ciò presenta il vantaggio per il giudice di risparmiare una serie di indagini complesse, ma ciò non porterà a una maggiore fedeltà e aderenza alla volontà normativamente significata. La fattispecie in questione dovrà, per necessità di cose, prescindere da ogni altra modalità o circostanza che sul piano degli accadimenti reali caratterizzi la condotta e ciò per Gallo porta all’inconveniente che sotto la figura criminosa cadano anche comportamenti che anche se conformi al modello legale si rivelino per effetto di particolarità che il legislatore non ha potuto prevedere. per Gallo è allora assurdo sostenere un’ipotesi per cui un fatto antigiuridico è necessariamente un fatto tipico conforme al tipo descrittivo.

L’accertamento dell’offesa. Il giudice non può pronunciarsi sul carattere lesivo o pericoloso d’un’azione perché avrebbe poteri non suoi rendendolo arbitro di negare validità alla legge. Il punto di vista di Gallo vs la dottrina tradizionale è che la conformità al tipo non rappresenta che una condizione, necessaria ma non sufficiente, per decidere se una condotta sia illecita o meno. Infatti occorre conformità al tipo ma anche che si realizzi la effettiva contrarietà all’interesse giuridicamente tutelato. Ma Gallo si rende conto che la nostra concezione, anche se riconosce all’offesa un’efficacia costitutiva dell’illecito, rimane saldamente ancorata al presupposto normativo ed è anzi una concezione che costringe l’interprete a giocare con le carte che sono distribuite dallo stesso ordinamento. quindi per Gallo il valore qualificante discende dalla norma al fatto soprattutto per il suo rientrare compiutamente nella ratio della norma cioè il principio che ne costituisce la ragion sufficiente. Allora forma e sostanza, portati sul piano dell’analisi strutturale dei fatti giur, assumono il loro senso più proprio in quanto entrambi stanno ad indicare i requisiti fondamentali di un comportamento giuridico rilevante: il primo esprime la necessità che la condotta realizzi il modello della descrizione legale, il secondo che a tale condotta possa riconoscersi quel significato a cagione di cui il legislatore ha elevato a elemento condizionante del prodursi di conseguenze giuridiche una certa classe di fatti. Infine l’offesa dell’interesse tutelato che si affaccia alle soglie della teoria dell’antigiuridicità quasi in maniera conflittuale con la situazione che esprime contrarietà alla norma, finisce per rilevarsi nella sua esatta natura che concorre a realizzare ciò. La violazione della norma penale è perfezionata quando si ponga in essere un’azione tipica che leda o metta in pericolo l’interesse protetto.

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