Sotto questa denominazione l’art. 593 prevede tre figure autonome di reato:

  1. l’omesso soccorso di incapaci, consistente nel fatto di chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità (co. 1);
  2. l’omesso soccorso di pericolante, consistente nel fatto di chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità (co. 2);
  3. l’omesso soccorso seguito dalla morte o lesioni, consistente nel fatto che da tale condotta omissiva sia derivata una lesione personale o la morte della persona non soccorsa (co. 3).

Tali figure, comunque, sono integrate da altre, la principale delle quali è quella che punisce l’utente della strada che, in caso di incidente comunque collegabile al suo comportamento, non presti l’assistenza occorrente a chi abbia subito danno alla persona (art. 189 c.s.).

Posto a chiusura dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale, l’art. 593 sancisce, in attuazione del principio solidaristico, il dovere generale di prestare soccorso, diretto o indiretto:

  • il soggetto attivo è chiunque (reato comune). Non è corretto parlare di reato proprio perché il criterio di individuazione del reato proprio rispetto a quello comune è costituito dalla preesistenza della qualifica soggettiva alla norma penale, da questa non creata ma solo considerata;
  • il soggetto passivo è il soggetto pericolante, indicato nell’art. 593 co. 1 e 2;
  • circa l’elemento oggettivo, il duplice presuppostodella condotta è:
    • la situazione di pericolo per la vita o l’incolumità della persona bisognosa, ossia:
      • una situazione di pericolo implicito, perché insito nello stesso fatto di trattarsi di un fanciullo minore degli anni dieci oppure di una persona incapace di provvedere a se stessa, ma necessario, onde il reato viene meno quando non sussista la probabilità di danno per detti beni;
      • una situazione di pericolo concreto, da accertarsi caso per caso, allorché trattasi di corpo umano (necessariamente vivente) che sia o sembri inanimato (assenza di segni di vita) ovvero di persona ferita (ferita esterna riconoscibile) o altrimenti in pericolo;
  • il ritrovamento del soggetto pericolante, nozione questa che ricomprende:
    • il rinvenire una persona versante in situazione di pericolo attraverso una percezione sensoria diretta;
    • il trovarsi presso il pericolante, anche senza una percezione sensoria;
    • il trovarsi già nel luogo sul momento in cui la persona cade nella situazione di pericolo;
    • il venire a trovarsi il soggetto in presenza del pericolante, perché portato presso di lui da chi non ha la possibilità di soccorrerlo adeguatamente.

La condotta (omissiva) consiste:

  • nell’omettere di prestare soccorso indiretto, ossia di dare immediato avviso all’Autorità del ritrovamento dell’infradecenne o di altra persona incapace di provvedere a se stessa (condotta omissiva tipica dell’art. 593 co. 1);
  • nell’omettere di prestare soccorso diretto o indiretto, ossia di prestare l’assistenza occorrente o di dare immediato avviso all’Autorità (condotta omissiva tipica dell’art. 593 co. 2).

Nell’assistenza possono rientrare anche fatti costituenti di per sé reato, se e nella misura in cui siano occorrenti. Essi, in particolare, pur nella relatività del giudizio, devono considerarsi tali qualora ricorra il duplice requisito:

  • della loro verosimile necessità, non potendosi adeguatamente fare fronte al pericolo con altri mezzi a disposizione;
  • della verosimile proporzione tra beneficio e danno.

Il concetto di omissione di soccorso ricomprende tre situazioni:

  • la mancata prestazione del soccorso, diretto o indiretto;
  • la insufficiente prestazione del soccorso in rapporto ai bisogni del pericolante e delle concrete possibilità soccorritrici del ritrovatore;
  • la ritardata prestazione del soccorso in rapporto alle effettive possibilità di un intervento soccorritore più tempestivo.

L’omissione di soccorso, costituendo un non facere quod debetur, resta preclusa in tutti i casi in cui il dovere di soccorrere dell’art. 593 non sussiste oppure resta assorbito in un altro specifico dovere. Questo, in particolare, non risulta essere configurabile:

  • nei confronti di soggetti già gravati da autonomi obblighi di garanzia (non di soccorso) della vita e dell’incolumità individuale altrui;
  • nei confronti degli autori della situazione di pericolo mediante un fatto di reato, doloso o colposo;
  • nei confronti, in caso di pluralità di ritrovatori, di quelli che sono stati liberati dall’obbligo di soccorso dall’altrui adeguato intervento soccorritore. Questo perché viene meno il requisito tipico della mancata prestazione dell’assistenza concorrente, non occorrendo più l’assistenza da parte degli altri ritrovatori;
  • nei confronti di chi versa nell’impossibilità di adempiere l’obbligo di soccorso, diretto o indiretto, postulando questo la possibilità materiale di tenere la condotta soccorritrice idonea (ad impossibilia nemo tenetur). Tale impossibilità, tuttavia, non esclude l’obbligo di tenere un’altra condotta soccorritrice possibile;
  • nei casi di soccorso pericoloso per il soccorritore o per altri, a patto che sussistano gli estremi dello stato di necessità: il soccorso difensivo obbligatorio ex art. 593, infatti, cede il passo al soccorso difensivo facoltativo ex art. 52 solo quando detto intervento dia luogo per il soccorritore alla situazione di cui all’art. 54;
  • nei casi di dissenso del soggetto pericolante, ossia quando questi opponga un rifiuto, autentico ed in equivoco, all’assistenza implicante interventi (es. chirurgici) sul proprio corpo e, quindi, atti dispositivi dello stesso.

Circa la rilevanza del dissenso, occorre distinguere tra:

  • il soccorso indiretto, che, concretandosi nell’avviso all’Autorità, essere prestato anche contro la di lui volontà;
  • il soccorso diretto non implicante interventi corporali (es. spegnimento dell’incendio), il quale deve essere parimenti prestato anche contro la volontà del pericolante;
  • il soccorso diretto implicante interventi corporali sul pericolante (es. incisioni), rispetto al quale va distinto a seconda che:
    • il pericolante manifesti un rifiuto, nel quale caso non solo cessa l’obbligo del soccorso ma sussiste anche l’obbligo del non intervento, salvo riemergere l’obbligo del soccorso qualora il soggetto dissenziente cada in stato di incoscienza (consenso presunto);
    • il pericolante, capace di consentire, sia nella materiale impossibilità di farlo perché in stato di incoscienza, nel qual caso permane l’obbligo del soccorso (consenso presunto);
    • il pericolante sia incapace di consentire, nel qual caso parimenti sussiste l’obbligo del soccorso, supplendo il consenso del rappresentante legale o del giudice competente;
  • nei casi, assai dibattuti, di dissenso del soggetto pericolante per tentato suicidio o per autolesioni volontarie. Occorre tuttavia distinguere:
    • il caso in cui il soggetto venga ritrovato in stato di incoscienza, caso in cui permane l’obbligo del soccorso pure corporale perché non può presumersi la permanenza della volontà suicida (in dubio pro vita);
    • il caso in cui il soggetto, ritrovato in stato di coscienza, rifiuti o si opponga fisicamente al soccorso, caso in cui non solo cessa il dovere di soccorso ma sorge il dovere di non intervento;
    • il caso in cui il suicida, dissenziente, cada in stato di incoscienza, caso in cui riemerge l’obbligo del soccorso, essendo venuta meno l’attualità del dissenso;
    • circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico, non richiedendo l’art. 593 alcun fine specifico, ma soltanto:
      • per l’ipotesi di cui al co. 1, la coscienza del ritrovamento di persona infradecenne o di persona incapace di provvedere a se stessa e la coscienza e volontà di omettere di darne immediato avviso all’Autorità;
      • per l’ipotesi di cui al co. 2, la coscienza del ritrovamento di un corpo umano vivente, che sia o sembri inanimato, o di persona ferita o altrimenti in pericolo e la coscienza e volontà di omettere di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità;
      • l’oggetto giuridico è la vita o l’incolumità individuale;
      • l’offesa consiste nella persistenza o nell’aggravamento, per effetto dell’omissione, della situazione di pericolo (reato di pericolo). Per mancanza di offesa non sussiste il reato:
        • nei casi di omissione o ritardo del soccorso inutile (assistenza inutile come non occorrente);
        • nei casi di adempimento di un terzo, ossia quando dal soccorso di altri consegua un risultato identico a quello che avrebbe ottenuto l’omittente;
        • la perfezione si ha nel momento e nel luogo in cui il soggetto, trovato il pericolante, omette di darne immediato avviso all’Autorità (co. 1) oppure di prestare l’assistenza occorrente o di dare tale avviso (co. 2). Con riferimento al tentativo, pur essendo questo naturalisticamente configurabile, ci si chiede se esso sia punibile, costituendo il pericolo del pericolo .

L’ipotesi di omesso soccorso qualificato dalla morte o lesione personale (art. 593 co. 3) deve essere considerata una figura autonoma di reato. A differenza della maggior parte dei reati qualificati da detti eventi, tuttavia, nel reato di specie questi possono essere indifferentemente non voluti o voluti.

Trattamento sanzionatorio: i reati di omesso soccorso sono puniti di ufficio:

  • nelle ipotesi di cui all’art. 593 co. 1 e 2, con la reclusione fino a 1 anno o con la multa.
  • nell’ipotesi di cui all’art. 593 co. 3, con la pena sopraindicata, aumentata fino a 1/3, in caso di lesioni, e raddoppiata in caso di morte.
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