Nei reati omissivi l’esistenza della coscienza/volontà può esser accertata solo passando attraverso la condotta positiva diversa da quella dovuta tenuta dall’agente nel momento immediatamente precedente la scadenza del termine. Per accertare la volontarietà dell’omissione bisogna accertare la libertà della condotta diversa da quella dovuta: se la condotta diversa è necessitata, l’omissione è priva di coscienza/volontà. In questo modo si risolve anche il problema della natura della condotta omissiva: le tesi che a questo proposito si sono contrapposte si possono articolare lungo 3 direttrici: da una parte che l’omissione è un non fare, dall’altra che è un “aliud agere” rispetto a quello a cui era tenuto il soggetto, dall’altra ancora che consiste nella violazione d’una norma. Per Gallo non c’è contrapposizione tra queste 3 tesi perchè ognuna di esse coglie un aspetto dell’omissione quindi ci può essere un’unità. L’omissione è infatti un non fare ma non sul piano naturalistico bensì rapportando la condotta posta in essere alla pretesa di un comportamento che doveva esser tenuto e che non lo è stato. Il punto critico è: la condotta, posta in essere da un soggetto imputato di omissione, ha o no rilievo per il dir? molti autori sostengono che l’ordinamento si interessa solo del fatto che il soggetto non ha adempiuto al dovere cui era tenuto, mentre rimane indifferente di fronte alla condotta tenuta dal soggetto della cui responsabilità si discute. Es nel caso di obbligo di fare con termine di alcuni mesi, il soggetto che non ha adempiuto l’obbligo ha posto in essere durante il decorso del termine tante condotte non individuabili. Il presupposto di ciò è constatare che l’obbligo di fare postula sempre un termine entro cui il fare deve realizzarsi: questo termine può esser perentorio (per cui un adempimento non è rilevante) ovvero ordinatorio (per esigenza logica per un principio di ordine). Ma l’obbligo di fare non può prescindere da un termine che ne assicuri l’effettività, ciò porta a superare la seconda obiezione motiva dalla asserita impossibilità di trovare condotta diversa. Ma il comportamento diverso sarà l’ultimo posto in essere prima che si renda impossibile l’adempimento dell’obbli di fare: a questo punto è addebitabile l’omissione al soggetto.

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